Vediamo qualche altro angolo della casa.
Il guardaroba, la scrivania dove studiamo o lavoriamo.
Riguardo all’abbigliamento, quest’estate vi ho consigliato un libro da leggere per scoprire come e dove vengono prodotti i tessuti e i capi di abbigliamento che indossiamo. Cosa nuoce al pianeta, come incidere in maniera positiva su questa filiera.
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/08/recensione-di-libri-la-rivoluzione.html
Come sempre, l’argomento delle stille è indagare sul corretto smaltimento degli imballaggi.
I capi di vestiario esistenti sono tanti e variegati. Tra i più diffusi sicuramente ci sono scarpe,
calzini e intimo maschile e femminile, pantaloni, magliette e camicie, maglioni, giacche.
Probabilmente le scarpe hanno l’imballaggio più sostenibile: sono quasi sempre vendute in una scatola di cartone, che spesso trova una nuova vita a casa come contenitore di cose vecchie, e che comunque è sicuramente riciclabile, così come la carta che viene inserita per mantenere la forma del piede.
Ai calzini spesso è attaccata una etichetta con un filo di nylon, che nonostante gli sforzi non si spezzerà con le mani ma andrà tagliato con le forbici. Se l’etichetta può andare nella carta (ma non sempre, perché se è plastificata o adesiva deve essere smaltita con l’indifferenziato), quel filo di plastica è invece destinato all’indifferenziato. E, così piccolo, ha una grande probabilità di finire disperso nell’ambiente.
Per fortuna si diffonde sempre più la cultura di un etichettatura sostenibile con riduzione di materiali non riciclabili a potenziale elevato impatto ambientale.
L’intimo viene spesso venduto in una piccola scatola, non rigida, cartonata con una finestra in plastica trasparente. Un po’ come alcune confezioni alimentari (la pasta, ad esempio) o come le buste di lettere. La parte in carta va smaltita con essa, la parte in plastica con questa.
https://hlpklearfold.it/packaging-trasparente-per-lindustria-dellabbigliamento/
Anche per i pantaloni e per le magliette l’imballaggio è piuttosto ridotto. Spesso l’etichetta la troviamo legata con un laccio non in plastica, talvolta attaccato con una spilla da balia. Quasi sempre quest’ultima la conserviamo in una scatolina, anche se le occasioni di riuso non sono frequenti. Può tornare utile per fissare un cartellino alla divisa oppure per tenere fermo un ascot al collo.
Sono invece le camicie ad avere un imballaggio complesso. O in una busta di plastica trasparente, o in una scatola di cartone, hanno comunque una serie di accessori, tra supporti per colletto e pieghe, spesso in plastica, di cui è difficile conoscere il polimero che le costituisce e il destino corretto. Parte di imballaggio, quindi alla differenziata con la plastica, ma con che probabilità di riciclo reale lo ignoriamo. Nessun dubbio, quando presenti, per gli accessori metallici, sempre riciclabili, e per gli spilli, che come le spille corriamo a mettere in una scatolina per un futuro riuso. Ad esempio, quando prendiamo le pieghe ai pantaloni. Oppure per sturare piccoli ugelli, come quelli da cui esce il liquido che lava il parabrezza dell’auto.
https://it.mh-chine.com/accessori-per-abbigliamento/accessori-di-imballaggio-della-camicia
Frequentemente i maglioni, specie in lana, vengono venduti in una confezione di plastica trasparente. La stessa che copre gli abiti quando ci vengono riportati dalla lavanderia. In realtà, tutti i capi di abbigliamento, se non singolarmente imballati, viaggiano in un rivestimento di plastica che ne consente protezione da inquinanti ambientali e agenti atmosferici. Si chiamano polybag.
Questo materiale spesso è in polietilene a bassa densità (LDPE) e riciclabile.
Alcune filiere attente lo hanno reso riutilizzabile, oppure quando possibile si prova a sostituirlo con materiale analogo in carta o compostabile.
https://www.milanounica.it/it/il-packaging-e-la-sostenibilit-nella-moda
https://www.green.it/packaging-sostenibile-caso-patagonia/
Infine le giacche. Si tratti di abiti o di cappotti, sicuramente ci verrà venduta con una gruccia o stampella. Questa può essere in plastica o in metallo. Anche i pantaloni in realtà vengono conservati appesi con una di queste.
A casa magari ne abbiamo di più belle e resistenti in legno. Quelle che entrano con i capi comprati trovano spazio nel nostro armadio ma, soprattutto se in plastica, non hanno grande resistenza e prima o poi si rompono.
Sono un po’ il simbolo dello spreco della filiera, e difatti grandi aziende parlano di una sostituzione con modelli riutilizzabili o in materiale non plastico.
Quelle in plastica sono spesso in polimeri da non grande probabilità di riciclo, anche se con essa vanno smistate nella raccolta differenziata. Sicuramente riciclabili invece quelle in metallo.
https://www.polimerica.it/articolo.asp?id=12355
https://www.conad.it/consigli/Le-grucce-di-plastica-ora-si-possono-riciclare.html
Qualche volta possiamo avere un copriabiti. Questo può essere in vari materiali, in genere polimeri plastici, come EVA e Tessuto non tessuto. Rappresentando imballaggi, anche loro vanno al fine vita gettati con la plastica, ma sono costituiti in polimeri per cui è altamente improbabile il reale riciclo.
http://accessoriperconfezioni.com/portfolio-view/copriabiti/
A tutto questo si aggiunge il trasporto del nostro acquisto fino a casa.
Se andiamo in un negozio, ci verrà data una busta, che potrà essere in carta o cartonata (la scelta ecologicamente migliore), in plastica riutilizzabile oppure in tessuto non tessuto, un materiale ottenuto a partire dal polipropilene, che meglio si adatta al riutilizzo.
Ne abbiamo parlato nella precedente stilla dal titolo “la sporta”:
Se facciamo un acquisto on line, molto dipende dal negozio e dal corriere. Non di rado capita di ricevere un pacco all’interno di un pacco, con evidente spreco di materiale. O magari di riscontrare un uso eccessivo di materiale in plastica protettivo, spesso polistirene.
https://www.comieco.org/downloads/8461/4450/Presentazione%20Bertolini.pdf
Qui possiamo leggere soluzioni interessanti: innanzitutto la carta ed il cartone possono proteggere dagli urti il contenuto con la stessa sicurezza del materiale plastico. Così le spedizioni possono essere raggruppate, sacrificando la rapidità di consegna, per un minor numero di viaggi.
https://it.shopify.com/blog/packaging-sostenibile-spedizioni-a-basso-impatto-ambientale
https://rifo-lab.com/pages/packaging-rifo
Abbiamo parlato di 3 polimeri plastici che non fanno parte dei principali che costituiscono gli imballaggi: nylon, EVA, TNT.
Con essi si fanno tessuti sintetici per abbigliamento (nylon, che può anche essere prodotto da materiale riciclato), oppure si producono materiali destinati ad usi molto disparati: con il EVA (etilene vinil acetato) si fanno componenti dei pannelli solari fotovoltaici, ma anche sacche copriabiti o componenti di cancelleria.
Con il tessuto non tessuto, materiale ottenuto a partire dal polipropilene, oltre agli shopper, si possono fare tovaglie e tovaglioli monouso, dall’aspetto e consistenza più elegante della semplice carta, come spesso si vedono in certi ristoranti, oppure asciugamano monouso, come ho visto dal barbiere. La diffusione di questo materiale è iniziata dai prodotti medicali, quali garze, copricapi, calzari, camici e teli monouso.
Se possono capirne la convenienza nell’uso ospedaliero, non condivido la loro diffusione in comunità. Tovaglie e tovaglioli possono essere in carta o in cotone, gli asciugamani per lo shampoo sono sicuramente più sostenibili di ogni alternativa in plastica.
http://www.zerowasteitaly.org/wp-content/uploads/2016/08/LA-SPORCA-DOZZINA-.pdf
EVA
https://www.onemmitaly.com/materiali/
TNT
https://www.re-bag.it/materiali/materiale/tnt-con-laminazione-pe-/m-1828
https://www.arcoshopper.it/blog/shopper-tnt/
https://www.toscanachiantiambiente.it/il-tnt-che-non-esplode-ma-brucia/
NYLON
https://www.lifegate.it/tessuti-ecologici-abbigliamento
https://www.greenplanner.it/2017/06/06/fibra-di-nylon/
E passiamo adesso alla scrivania. Che siamo adulti e andiamo in ufficio, o ragazzi e andiamo a scuola, passeremo inevitabilmente molto tempo seduti ad una scrivania, magari oggi con un computer (quando andavo a scuola io, e mi sono diplomato nel 2003, invece no), ma in ogni caso anche con libri, carta, e quel che serve per scrivere.
Penne e matite. Gomme da cancellare. Inchiostro. Pennarelli.
Che impatto hanno? Qual è la scelta più sostenibile?
Anzitutto non sono imballaggi. Quando devono essere buttati, vanno tutti nell’indifferenziato.
Unica eccezione, i trucioli di matita quando la temperiamo: possono andare nell’organico.
https://www.nonsprecare.it/dove-buttare-penne-e-matite?refresh_cens
Cosa è più sostenibile?
Di penne biro o a sfera siamo pieni. Hanno una durata limitata, a meno che non si voglia comprare la ricarica, difficile da trovare per i modelli più economici. Spesso hanno meccanismi di chiusura in plastica fragili, per cui si rompono facilmente e diventano inutilizzabili.
A causa del loro breve ciclo di vita, non mi sento di favorirle.
Quando le gettiamo, potremmo smontarle e separare eventuali componenti metalliche oppure compostabili o cartonate, come ogni tanto si vede.
http://www.retezerowaste.it/2018/11/09/io-studio-zero-waste/
Può essere la matita una scelta migliore?
Tra i pregi ha quello di essere cancellabile.
Di cosa è fatta?
La parte scrivente è un minerale, la grafite.
La parte che la sostiene è lignea.
https://www.scientificast.it/e-fatta-una-matita/
https://www.ufficio.eu/la-storia-della-matita-dove-nasce-e-come-e-fatta
https://www.bioforme.org/blog/matite-per-disegnare/
Sicuramente, se dispersa nell’ambiente, l’impatto di una matita è inferiore rispetto a quello di una penna in plastica.
Ma esistono matite che portano progetti di impegno ambientale particolari:
Sprout: al fine vita si pianta nel terreno, contiene un seme da cui potrà nascere una piantina.
oppure Perpetua, dove la componente di grafite è riciclata:
https://www.perpetua.it/perpetua-earth-day/
Trovo che l’uso della matita sia sottovalutato.
Tanti disegnatori hanno inventato prodotti o disegnato personaggi con una semplice matita la cui bellezza, il cui significato è stato e sarà per me assolutamente irraggiungibile da ogni tecnologia successiva.
Un esempio? Walt Disney, con le sue matite Blackwing.
https://www.radiomontecarlo.net/gallery/vita-da-arbiter/1240845/il-papa-dei-sogni.html
https://blog.blackwing602.com/walt-disney-and-blackwing-pencils/
Ma servirà una gomma da cancellare.
Essa è composta da vari materiali di sintesi e si distingue in base a quello che deve cancellare: esiste la gomma pane o morbidissima, per una cancellatura precisa, per matita o morbida, per penna o dura o abrasiva, estremamente abrasiva per macchina da scrivere (a forma rotonda, non le vedo da anni).
http://educazionetecnica.dantect.it/2011/10/23/gomma/
Fisicamente, cancellare la matita e la penna sono due operazioni diverse.
Nel caso della matita, la gomma, che è morbida, grattando sulla grafite si sgretola e le particelle di grafite aderiscono a quelle di gomma che si sgretola così cancellandosi dal foglio di carta.
Nel caso della penna, invece, la gomma è dura o abrasiva: gratterà lo strato superficiale del foglio, consumandolo, per rimuovere le tracce di inchiostro.
https://www.monicamarelli.com/2016/09/23/fisica-quotidiana-come-funziona-la-gomma-da-cancellare/
Ma un oggetto quasi sempre presente in casa e non sfruttato è la penna stilografica.
Facile regalo del passato, ha una durata che spesso supera quella dei possessori.
Se si usa la siringa ricaricabile invece delle piccole ricariche e si compra l’inchiostro della boccetta (in vetro), questa sarà l’unico rifiuto. Ma durerà anni. Massima sostenibilità quindi.
http://lapennastilografica.blogspot.com/2017/02/5-buoni-motivi-per-utilizzare-una-penna.html
La storia dell’inchiostro è lunga e interessante, si perde nella notte dei tempi.
E’ nel corso dell’Ottocento, merito del progresso della chimica tedesca, che le colorazioni hanno trovato la forma e le applicazioni che hanno consentito la diffusione che oggi conosciamo: dalla stampa, alla scrittura, alle colorazioni dei tessuti umani, finanche delle bevande.
https://www.lidentitadiclio.com/breve-storia-dellinchiostro-parte-seconda/
A volte, invece di usare il termine inchiostro, usiamo china.
Tanto è diffuso che spesso si dice chinare volendo però intendere inchiostrare.
Perché?
E’ un inchiostro nero che abbiamo conosciuto in Europa nei secoli scorsi proveniente dalla Cina!
https://it.wikipedia.org/wiki/Inchiostro_di_china
Oggi si parla anche di inchiostri di origine vegetale e di stampa ecologica:
https://www.helloprint.it/blog/cosa-si-intende-per-stampa-ecologica/
https://ec.europa.eu/environment/ecoap/about-eco-innovation/good-practices/eu/766_it
Infine i pennarelli. Non li amo, sia per il loro involucro plastico, sia perché tendono a scaricarsi rapidamente. Meglio i pastelli, assimilabili alle matite.
Ma possono essere adatti per scrivere su superfici lucide, come il vetro, o su tessuti per essere indelebili. Questa proprietà, di essere indelebile, dipende dalla soluzione con cui è composto l’inchiostro: se essa è acquosa, non sarà indelebile, se invece alcolica, allora avrà questa proprietà.
https://www.zenick.it/guida-pennarelli-ad-acqua-a-vernice-a-secco-indelebili-colorati-evidenziatori
In definitiva, sulla mia scrivania né penne a sfera, né portamina né evidenziatori.
Ma solo penna stilografica, matita e gomma da cancellare.
E sì, lo ammetto, anche un pennarello indelebile.
Alla prossima stilla!
Vi ricordo dove scaricare una piccola guida da stampare ed avere sempre in evidenza per il corretto smistamento dei rifiuti dei contenitori per alimenti:
http://www.ecor.it/upload/Files/Manuale_Raccolta%20differenziata%20prodotti%20Ecor.pdf
Due approfondimenti del CONAI (Consorzio Nazionale per il Recupero degli Imballaggi) ed uno del COMIECO (Consorzio Nazionale per il Recupero e Riciclo degli Imballaggi a Base cellulosica):
Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in materiale plastico:
http://www.conai.org/wp-content/uploads/dlm_uploads/2017/07/Linee-Guida_Riciclo_Plastica.pdf
Liste degli imballaggi in plastica nelle fasce contributive:
Linee guida per l’etichettatura ambientale degli imballaggi:
E qui i collegamenti alle precedenti stille di raccolta differenziata:
1. Tubetto di dentifricio.
2. Tappi di bottiglia.
3. Contenitori di alimenti in frigorifero (prima parte).
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/03/stille-di-raccolta-differenziata-3.html
4. Contenitori di alimenti in frigorifero (seconda parte).
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/04/stille-di-raccolta-differenziata-4.html
5. Contenitori di alimenti in dispensa.
6. I poliaccoppiati.
7. La sporta.
8. Cellophane e imballaggi di pacchi.
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/09/stille-di-raccolta-differenziata-8.html
9. In bagno e in lavanderia.
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