Facciamo il punto della situazione su tutti quegli imballaggi che servono per portare alimenti, ma non solo, a casa.
Il primo pensiero va alle buste della spesa o a quelle dell’ortofrutta, che oggi nei grandi supermercati sono in materiale biodegradabile o compostabile, ma ancora resistono nelle piccole rivendite quelle in plastica di un tempo.
Buste di plastica si usano comunque ancora molto nel commercio non degli alimenti.
Oppure, pensiamo a quegli imballaggi che servono per portare un prodotto pronto al consumo a casa: ad esempio, i cartoni della pizza, i panini del delivery (consegna a domicilio nella nostra lingua), le scatole e le guantiere di torte e dolci.
Anche la mozzarella è imbustata in un involucro analogo, che tra l’altro deve essere impermeabile al liquido di governo.
Piccoli prodotti dolciari, da forno, come brioches e dolci per la colazione non industriali, qualche volta anche il pane, così come i taralli vengono confezionati in buste di plastica chiuse con un laccetto in anima metallica (magari girasse ancora per Napoli la sporta del tarallaro).
Di che plastica si tratta? che fine farà?
Vediamo, come al solito:
shopper in plastica
I sacchetti in plastica sono pericolosi per la facilità di dispersione nella natura. Leggeri, il vento li trasporta ovunque, notoriamente in mare, dove vengono scambiati per alghe e meduse dalla fauna marina.
Pur essendo in generale fatti di un polimero plastico di più facile riciclo, quale il polietilene ad alta densità (numero 2, HD PE) o a bassa densità (numero 4, LD PE), la loro consistenza leggera li rende difficoltosi per gli impianti di riciclo.
La buona notizia è che negli ultimi 10 anni una rivoluzione planetaria ha determinato una importante sensibilizzazione della popolazione mondiale al problema, con risposte efficaci in numerosi stati del mondo, non solo in Europa, ma anche in Africa e in Asia.
Difficile però non considerare che essi sono la scelta più economica tra tutte le alternative, e pertanto per le persone più povere l’unica scelta possibile.
Vi invito alla lettura di questo articolo molto bello del National Geographic che fa il punto della situazione mondiale:
Dal 1 gennaio 2018 in Italia solo determinate buste (o borse) possono essere fornite per l’asporto da parte dei negozi:
-in plastica, riutilizzabili, distinguendo se con maniglia esterna o interna alla dimensione utile del sacco, e in base allo spessore della busta e componente di plastica riciclata contenuta, con criteri più stringenti per gli esercizi che commercializzano generi alimentari;
- biodegradabili e compostabili;
- ultraleggere biodegradabili e compostabili realizzate con almeno il 40% di materia prima rinnovabile (per alimenti sfusi come frutta e verdura).
http://www.conai.org/wp-content/uploads/dlm_uploads/2018/07/Nota_Informativa_Borse_di_plastica.pdf
In pratica solo buste o borse riutilizzabili, più spesse e resistenti, possono essere in plastica.
Purtroppo capita ancora molto spesso di vedere le buste leggere, quelle bianche o trasparenti, ultraleggere senza manici per l’ortofrutta, in plastica. Soprattutto nelle piccole rivendite, nei mercati. Perché sono più economiche.
Eppure sono illegali e i commercianti che li utilizzano possono essere multati in modo severo.
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/sacchetti-di-plastica-illegali
Ma come andrebbero smistate?
Come detto, sono plastica, sono imballaggi, vanno nella raccolta plastica.
Ma le difficoltà al riciclo sono tante, per cui solo l’1% di essi troverà effettivamente una nuova vita.
Inoltre, ça va sans dire, mai gettarli in altri contenitori (errore tipico: raccogliere carta o vetro, riempire una busta di plastica e buttarla con tutto il contenuto nella campana corrispondente. Altrettanto sbagliato raccogliere l’organico in una busta non compostabile).
Abbiamo bisogno allora di alternative:
In effetti esistono diversi tipi di buste shopper: di carta, di plastica, in tessuto non tessuto, in juta e cotone, biodegradabili e compostabili.
https://www.eurofides.com/magazine/i-materiali-delle-buste-shopper/
Per la carta, già affrontata, la riciclabilità è molto alta e comunque l’impatto in ogni caso è estremamente minore.
Ad esempio, sono sempre più contento di comprare il pane in panetteria in una busta di carta invece di prenderlo già confezionato in una pellicola di plastica dallo scaffale di una grande rivendita.
E, già che ci sono, evito di farmi dare una busta, di qualunque materiale esso sia. Ho con me sempre una borsa riutilizzabile o lo zaino per portarlo via.
Già, le borse riutilizzabili, siano esse in tessuto non tessuto, in juta e cotone, fossero anche in plastica, sono la chiave per rispondere a questo problema: la sensibilizzazione di tutti, commercianti e utenti, si traduce nell’accettare lo sforzo di avere sempre con sé una borsa riutilizzabile e di evitare le buste monouso.
Ricordo e riporto il racconto della moglie di un collega, più grande di me, che ebbe l’opportunità di visitare Praga negli anni ’80, quando ancora i paesi comunisti erano isolati dal resto d’Europa.
Ebbene, entrò in una cioccolateria dove comprò alcuni prodotti.
Dopo aver pagato, sarebbe stato ovvio ricevere un pacchetto, sia esso un involucro di carta, un sacchetto di plastica o una scatola di cartone, e poi magari una busta con cui portare via l’acquisto.
Invece, per essi era scontato che avesse lei portato con sé qualcosa con cui portare via il prodotto sfuso acquistato. Dovette ricorrere all’aiuto di qualcuno che divise la propria sacca con lei. Altrimenti portava via i cioccolatini in mano.
Certo, si tratta di rinunciare alla comodità di non avere il pensiero di portare sempre una borsa e di prevedere ogni acquisto.
Ma, anche, in quel mondo il problema di dispersione di plastica che oggi non sappiamo affrontare non esisteva!
Forse dovremmo trovare un equilibrio, in parte ricorrendo a buste e borse a basso impatto ambientale, in parte sensibilizzandoci tutti alla risoluzione del problema, portando da casa borse e sacchetti riutilizzabili.
Negli ultimi anni abbiamo visto sostituire le buste in plastica con quelle biodegradabili. Oppure compostabili. Dette anche in bioplastica.
Ma di che si tratta? sono sinonimi compostabile e biodegradabile?
Sono sicure per l’ambiente?
Si distinguono:
prodotti in cosiddetta bioplastica: il materiale di origine è derivante da una biomassa e non da prodotti petroliferi. MaterBi e acido polilattico (PLA) tra i prodotti più frequenti.
prodotti biodegradabili: materiale degradabile autonomamente in natura, ma in tempi non specificati.
prodotti compostabili: la biodegradazione può avvenire in condizioni industriali, a temperatura gas e umidità controllati in precisi stabilimenti, in tempi ristretti, producendo compost per agricoltura.
Un prodotto biodegradabile può esserlo in un lasso di tempo variabile a seconda delle condizioni ambientali, passando da mesi a decenni. Quindi, tali prodotti dispersi in natura potrebbero comunque influire negativamente sull’ambiente.
https://www.focus.it/ambiente/ecologia/i-sacchetti-di-plastica-biodegradabile-a-domande-e-risposte
Le bioplastiche possono efficacemente sostituire tante applicazioni della plastica tradizionale.
Ad esempio, in alcune rivendite italiane, il sacchetto del pane ha una parte in carta ed una finestra trasparente in bioplastica, che ne consente il disfacimento dell’intero imballo con l’umido.
Ma non è ancora un fatto diffuso, e si crea una certa confusione tra imballi apparentemente simili ma con impatto ambientale e vie di smaltimento diverse.
https://ilfattoalimentare.it/sacchetti-esselunga-pane.html
I sacchetti dei taralli o in generale quelli dei prodotti sfusi da forno che sono in plastica possono essere di vari polimeri, tra cui il più frequente è il polipropilene (PP, tipo 5), che abbiamo già incontrato tra i pacchi di pasta, delle merendine.
http://www.meriplast.it/sacchettibiscotti.htm
Anche le buste della mozzarella che finora ho visto sono state immancabilmente in plastica, al solito in uno dei polimeri che abbiamo visto, in questo caso il LD PE tipo 2.
https://imballaggialimentarishop.com/products/sacchetto-per-mozzarella-5kg-4-10-al-kg-iva
Ma possiamo sperare, a breve, di trovarla in una busta in bio plastica, come è stata recentemente presentata per la cooperativa sociale Le Terre di Don Peppe Diana Libera Terra.
https://www.polycart.eu/la-nuova-busta-per-la-mozzarella-in-mater-bi-presentata-a-marca-2019/
Per tutto ciò che riguarda il cibo da asporto, abbondano imballaggi in materiale plastico.
Siano essi panini o pite o vassoi di ristorante cinese, sarà facile imbatterci in contenitori poliaccoppiati o in carta plastificata o in vaschette di plastica (queste ultime quando in PET con ottime possibilità di riciclo).
Forse, il contenitore più semplice, più datato (lo ricordo uguale da sempre), ma più ecologico è il cartone della pizza.
Senza dubbio, va gettato nella carta quando pulito, nell’umido quando unto o sporco.
Lo stesso destino semplice per i vassoi delle torte cartonati o le classiche guantiere dei dolci.
Spesso essi presentano uno strato superficiale di alluminio facilmente rimuovibile, anche a valle della filiera del riciclo.
https://pianetadelleidee.altervista.org/2018/02/dove-si-butta-il-vassoio-per-i-dolci.html
Per ultimo, questo mese abbiamo parlato di sporte, riferendoci alle borse, alle sacche con cui si porta qualcosa a casa.
E mi viene in mente il vecchio detto “pare a sporta do tarallaro”.
Cosa vuole dire?
Si usa quest’espressione quando si indica qualcuno che si sposta continuamente da un luogo all’altro, ad esempio per lavoro ma non necessariamente, analogamente al venditore di taralli che girava con la cesta per tutta la città, per riuscire a vendere il suo prodotto.
In realtà però la ricordo anche come esternazione negativa (spesso pronunciata dal mio vecchio Professore, sempre riempito suo malgrado di lavoro non sempre edificante) e col significato di lasciare che le persone approfittino puntualmente di qualcuno, che pur non gradendo non riesce ad impedirlo, così come un tempo tante persone infilavano le mani nella cesta del tarallaro, per scegliere il migliore.
Vi rimando ad una più accurata spiegazione di Amedeo Colella:
http://www.napolitoday.it/cultura/pare-a-sporta-d-o-tarallaro-significato.html
Leggenda o realtà, sono troppo giovane per ricordarlo.
Ma l’ultima persona a girare per la città con la cesta di taralli, come suo unico mezzo di sostentamento economico, è stato Fortunato. Celebre l’annuncio “Fortunato tene ‘a rrobba bella, ‘nzogna ’nzo!” con cui annunciava il suo arrivo per le vie e i mercati della città che batteva per l’intera giornata per piazzare la sua merce, i taralli, caldi, con sugna (strutto) e pepe, che portava nella sua grande cesta su un carrozzino.
Sembra che la ditta Fortunato sia finita negli anni Novanta, con la morte di Fortunato.
A questa pagina una lettura approfondita di un tratto così folcloristico della nostra bella città.
http://www.gastronomiamediterranea.com/fortunato-la-leggenda-di-un-tarallaro/
Bene, con questo chiudiamo.
La Stilla ad agosto va in vacanza.
Ci risentiamo a settembre!
Vi ricordo dove scaricare una piccola guida da stampare ed avere sempre in evidenza per il corretto smistamento dei rifiuti dei contenitori per alimenti:
http://www.ecor.it/upload/Files/Manuale_Raccolta%20differenziata%20prodotti%20Ecor.pdf
Due approfondimenti del CONAI (Consorzio Nazionale per il Recupero degli Imballaggi) ed uno del COMIECO (Consorzio Nazionale per il Recupero e Riciclo degli Imballaggi a Base cellulosica):
Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in materiale plastico:
http://www.conai.org/wp-content/uploads/dlm_uploads/2017/07/Linee-Guida_Riciclo_Plastica.pdf
Liste degli imballaggi in plastica nelle fasce contributive:
Linee guida per l’etichettatura ambientale degli imballaggi:
E qui i collegamenti alle precedenti stille di raccolta differenziata:
1. Tubetto di dentifricio.
2. Tappi di bottiglia.
3. Contenitori di alimenti in frigorifero (prima parte).
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/03/stille-di-raccolta-differenziata-3.html
4. Contenitori di alimenti in frigorifero (seconda parte).
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/04/stille-di-raccolta-differenziata-4.html
5. Contenitori di alimenti in dispensa.
6. I poliaccoppiati.
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