Oggi è il mio compleanno (+35) e sono felice di festeggiarlo anche pubblicando un nuovo post del blog.
Torniamo alle stille.
Stiamo viaggiando nella cucina alla scoperta degli imballaggi più diffusi e della loro riciclabilità.
Dopo aver chiuso la porta del frigorifero, apriamo gli scomparti dei pensili della cucina.
E’ qui che la gran parte di noi mette la pasta, lo zucchero, la farina, i cereali.. e tanto altro.
Questa volta siamo davanti a prodotti pensati per essere conservati a lungo.
Il loro contenitore quindi avrà caratteristiche diverse a quelli della catena del freddo.
In dispensa la lotta principale per la conservazione dei cibi si combatte con dei piccoli nemici favoriti dal caldo e dall’umidità: le farfalline della farina.
Esse possono colonizzare alcuni alimenti in fase produttiva, arrivare invisibili all’interno degli involucri sotto forma di uova e poi proliferare al raggiungimento delle condizioni climatiche opportune (tipicamente nei mesi estivi).
Questi insetti depositano numerose uova che nel complesso hanno un aspetto filamentoso, della consistenza di una ragnatela. Profittano dei nostri alimenti per far crescere le larve, i vermetti tanto indesiderati che spesso si scoprono aprendo il pacco di biscotti, e da adulti sono delle piccole farfalline che si notano poco.
Per quanto non facciano male, non è un bel vedere trovarli strisciare sulla fetta biscottata.
Un modo per monitorarne la presenza è dotarsi di trappole a ferormone: essendone attratte rimangono adese ad una specie di carta moschicida che può essere attaccata alla superficie interna delle ante dei pensili.
I rimedi per liberarsene: svuotare la dispensa, pulire a fondo con acqua e aceto, riporre solo contenitori che sono stati accuratamente puliti.
La prevenzione resta fondamentale. Non possiamo sapere se introduciamo un alimento contaminato, ma possiamo fare in modo che rimangano nel loro imballaggio chiusi e, una volta aperti, possiamo riporli in barattoli in vetro a chiusura ermetica.
La pasta secca che tutti consumiamo è destinata a durare a lungo, anche anni.
Deve sopravvivere alla conservazione in magazzino, nel negozio di alimentari o nel supermercato, nella nostra dispensa.
Ecco quindi che deve avere un involucro adatto.
Come viene imballata la pasta in vendita?
Essenzialmente in due modi: scatole di cartone rigido e buste flessibili di plastica.
Nel caso della confezione in cartone, essa è facilmente e ben riciclabile. Solo attenzione che spesso è presente una finestra in plastica trasparente che consente di vedere il prodotto e va tolta prima di conferirlo nella carta.
La confezione in plastica, più diffusa, è in polipropilene (PP, polimero 5). Pur essendo un imballaggio in plastica, non è una cattiva scelta perché ha buone probabilità di essere riciclato.
Non dimentichiamo che il packaging è anche marketing: risponde a esigenze di igiene ma deve anche essere attrattivo verso chi sta per comprare il prodotto.
Bene quindi che l’attenzione alla riciclabilità faccia parte dei criteri di scelta dei consumatori e quindi le case ne facciano una forma di promozione.
Sotto questo punto di vista, l’aumento di consapevolezza dei consumatori è un validissimo strumento per vedere ridotti imballaggi di apparenza a scarso impatto ma che poi invece non troveranno destino nel riciclo o nel compostaggio.
Cresce infatti, in vari ambiti, la richiesta e l’offerta di prodotti senza imballaggio o con imballaggi a bassissimo impatto.
Ma esiste per la pasta un packaging in materiale biodegradabile?
E’ stato studiato e realizzato, ma risulta ancora troppo costoso per poter essere commercializzato su larga scala.
Ecco un documento enciclopedico per approfondimenti sul packaging:
Il riso ed altri cereali, come couscous, orzo o farro oramai sono sempre più presenti nella nostra dispensa.
Certo, credo che per mezzo secolo dal dopoguerra alla fine degli anni Novanta abbiamo mangiato quasi esclusivamente pasta. Almeno qui a Napoli.
Ma oggi alcune abitudini sono cambiate.
Integrare la dieta con una varietà di cereali integrali è un elemento di grande valore per la nostra alimentazione.
Inoltre sono pratici: si cuociono facilmente, si conservano in frigo per qualche giorno e all’occorrenza si possono unire a verdure per una comoda schiscetta senza che il sapore si alteri così tanto. Non possiamo fare lo stesso con la pasta.
Le scelte di imballaggio sono varie. Comprendono scatole in cartone e buste in PP come per la pasta.
Ma una scelta frequente è di trovarli sottovuoto in una busta di plastica e magari all’interno di una scatola di cartone.
Precedentemente abbiamo parlato dei sottovuoto: la riciclabilità della busta trasparente dipende dal polimero con cui è costituita. Non sempre questo dato è facilmente deducibile.
Non mancano comunque imballaggi in carta, di più immediato e sicuro riciclo.
Ma soprattutto, c’è una crescita non trascurabile della possibilità di comprarli sfusi, a peso, in una bustina di carta.
Gli acquisti di prodotti sfusi sono infatti una valida scommessa sia nella riduzione di rifiuti sia nella crescita della consapevolezza del problema: siano essi generi alimentari, come cereali, legumi, frutta secca, o detersivi, aumenta sempre di più l’interesse verso questi prodotti e la disponibilità a riusare borse, magari apposite, portate da casa.
Per quanto la pandemia da Covid19 abbia bruscamente interrotto questa sequenza, dovendo limitare al massimo manipolazione e tempo per la spesa, sono fiducioso che in condizioni igieniche ottimali possiamo presso vedere una più veloce ripresa di questa buona abitudine.
Farina, sale e zucchero sono prodotti presenti in tutte le dispense.
Ho fatto davvero fatica, e non ho trovato, fonti sull’argomento. Ma nella mia esperienza ovunque ho visto solo imballi in carta ed in cartone rigido (o entrambi) per questi prodotti.
Una nota per la bustina di zucchero monodose del bar: non sempre questa è di carta, ma talvolta è di carta plastificata. In questo caso, come poliaccoppiato, andrà nel non riciclabile.
Merendine, biscotti, fette biscottate e simili sono un gruppo di prodotti eterogenei negli imballaggi cui si ricorre o per la colazione o per uno spuntino. Più facile avere in casa quando ci sono bambini.
E’ difficile generalizzare perché produttori diversi fanno scelte diverse.
In genere il prodotto si trova in una bustina monodose, che può essere in plastica trasparente (pensiamo ai biscotti o alle fette biscottate) oppure colorata e stampata, adagiato in una scatola cartonata insieme ad altri, insieme imballati in un involucro in plastica ulteriore che chiude la confezione e in cui leggiamo tutte le informazioni del prodotto, oltre ad avere una grafica attrattiva.
Generalmente si tratta di imballi riciclabili, per la parte in carta e per la parte in plastica, che può essere di polimeri diversi (HDPE 2 LDPE 4 o più spesso PP 5), naturalmente evitando di gettarne microframmenti o di molto sporchi. Ma non mancano anche scelte diverse a scarsa riciclabilità. Soprattutto per le monodose vendibili singolarmente.
Per fortuna, i maggiori produttori tendono a chiarire bene il tipo di imballaggio ed il loro destino:
barattoli tipo marmellata e tappi: sono barattoli in vetro con tappi in plastica o alluminio. Marmellate, ma anche conserve sott’olio e sott’aceto, le alici, la senape. Dei tappi abbiamo parlato in precedenza, il barattolo va nel vetro. Ma, soprattutto, si possono conservare e riutilizzare. Anche per le schiscette.
contenitori per le spezie: si tratta in genere di piccoli barattoli in vetro con un tappo in plastica o in alluminio che passeranno anni in dispensa prima di essere svuotati.
Per quanto il destino di tappo e barattolo sia intuitivo, questi hanno quasi sempre una griglia in plastica che serve a limitare lo svuotamento per facilitarne l’utilizzo.
Ma al momento di gettare il contenitore si è in difficoltà: come conferirlo nel vetro se è ancora presente una parte in plastica?
Anche per questi le cose sono cambiate e per molti oggi è possibile separare agevolmente le due parti per avviarle al riciclo:
retine in plastica: alcuni prodotti ortofrutticoli vengono venduti già confezionati in una retina. Patate, aglio, cipolla, ma anche arance, limoni.
Di cosa è fatta? Dove va buttata?
Come leggiamo dai produttori, può essere in vari polimeri tutti a buona probabilità di riciclo (HDPE LDPE PP). Pertanto, come imballaggi, vanno nella plastica.
Dovremmo però domandarci se non possiamo farne a meno: sono infatti prodotti in vendita anche sfusi, in un sacchetto compostabile riutilizzabile per i rifiuti umidi.
Ma se comunque ne facciamo uso, prima di buttarle possiamo riutilizzarle: messe insieme fanno una spugna utile per lavare i piatti, in particolare per grattare ed eliminare le parti più dure che possono rimanere sul fondo di una pentola. A queste pagine le istruzioni per fabbricarle:
Queste retine sono anche presenti al banco pesce, per imballare cozze e mitili. Si usano anche per la loro coltura. E possono diventare un pericoloso rifiuto disperso in mare. Per fortuna esistono valide proposte di riciclo incentivanti per l’acquacoltore che potrebbero ridurre di molto la loro dispersione.
Ma forse un giorno non ne vedremo più in plastica ma in cotone:
Bene, alla prossima Stilla.
Vi ricordo dove scaricare una piccola guida da stampare ed avere sempre in evidenza per il corretto smistamento dei rifiuti dei contenitori per alimenti:
Due approfondimenti del CONAI (Consorzio Nazionale per il Recupero degli Imballaggi)
Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in materiale plastico:
Liste degli imballaggi in plastica nelle fasce contributive:
E qui i collegamenti alle precedenti stille di raccolta differenziata:
1. Tubetto di dentifricio.
2. Tappi di bottiglia.
3. Contenitori di alimenti in frigorifero (prima parte).
https://ecologiacucinaeconomiadomestica.blogspot.com/2020/03/stille-di-raccolta-differenziata-3.html
4. Contenitori di alimenti in frigorifero (seconda parte).
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