Agosto è tempo di ferie e riposo, occasione in più per leggere un buon libro.
Ecco perché ho pensato di consigliarvi una lettura adatta ai temi affrontati nel blog.
Il libro che consiglio è scritto da Luisa Ciuni e Marina Spadafora, dal titolo La rivoluzione comincia dal tuo armadio, edito da Solferino libri nel 2020.
Il tema affrontato è l’impatto ambientale che ha l’abbigliamento.
Ci siamo occupati spesso di ambiente, dalle scelte più corrette in cucina, come la stagionalità dei prodotti o l’impatto che ha la produzione degli alimenti, alle scelte che facciamo con i nostri spostamenti o consumi energetici.
Ma, finora, non avevo mai realizzato quanto potesse essere significativo l’impatto dell’abbigliamento.
Eppure, se pensiamo al fatto che tutti noi esseri umani indossiamo vestiti, e molti di noi dispongono di numerosi capi (decine e decine di scarpe, pantaloni, magliette…), una considerazione sulla loro origine e sulla loro fine è sicuramente necessaria.
Il libro che ho letto e che consiglio ci dà l’opportunità di conoscere il mondo della moda, che si è modificato negli ultimi decenni intensificando di molto la produzione e la varietà, creando nuovi bisogni.
Ci fa indagare sull’origine del materiale dei nostri indumenti: di tipo vegetale, come il cotone, di tipo animale, come la pelle, o sintetico (di plastica), come il pile.
Una volta ottenuto il tessuto, esso va trattato per raggiungere un colore o una consistenza idonea, cosa che per alcuni materiali (come la pelle o il jeans) significa una lavorazione ad alto impatto ambientale.
Infine, ci sarà una fabbrica dove esso verrà tagliato e prenderà la forma di un indumento.
Tutte queste fasi sono delicate per la tutela dell’ambiente, degli animali, e dei lavoratori.
Questa fabbrica spesso è l’unica cosa di cui riusciamo a trovare una traccia sul nostro indumento, in quella targhetta nascosta che indica come lavarlo e di che materiale è fatta. Dice dove è stato fabbricato. E magari è solo l’ultimo assemblaggio di un prodotto che è stato prelavorato altrove.
Alcune notizie possono rattristarci: animali e persone sfruttate per lavorare magliette che compriamo per pochi Euro. Il limite massimo forse è stato l’incidente di Rana Plaza nel 2013 in Bangladesh, dove morirono per un crollo in una fabbrica tessile 1129 operai.
Non da meno comunque l’inquinamento per l’ambiente. Anche dal fine vita dei capi di abbigliamento, soprattutto quelli sintetici se vengono dispersi.
Per fortuna, prendere conoscenza di queste realtà può anche consentirci di fare scelte più virtuose. Non mancano infatti indicazioni in questo senso.
Tra i consigli più significativi, limitare il numero di acquisti e privilegiare la qualità. Preferire indumenti realizzati in tessuti lavorati in modo meno inquinante, in luoghi del mondo o comunque in realtà a maggiore tutela dei lavoratori e dell’ambiente.
Associazioni come Fashion Revolution, ma anche tante case prestigiose di moda italiane, fanno molto per aumentare la sostenibilità o diffondere consapevolezza.
E la tecnologia ci porta materiali per la cui lavorazione l’impatto sarà certamente minore: pensiamo alla finta pelle ad origine da scarti alimentari, certamente più sostenibile di quella in plastica o anche preferibile alla vera pelle, che già è una realtà.
Ma non vi anticipo di più, vi rimando al libro, alla sua piacevole lettura, alla scoperta di un modo davvero dai più di noi totalmente ignorato.
Buona lettura, buone vacanze.
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