Introduzione

ECOLOGIA, CUCINA E ECONOMIA DOMESTICA: L'INIZIO.

Le azioni quotidiane più semplici, come fare la spesa, cucinare, raccogliere i rifiuti, vengono perlopiù svolte seguendo insegnamenti di ba...

domenica 31 maggio 2020

RICICLO DEL VETRO

Parlare di vetro e di riciclo del vetro mi fa pensare a qualche episodio della mia infanzia.

Ad esempio, quando qualcuno mi disse che nelle spiagge sassose, tra quei sassolini piccoli che fanno il bagnasciuga, con cui i bambini possono giocare, quelli più colorati, lisci, altro non erano che residui di bottiglie di vetro frantumati e levigati dall’azione del mare.

Oppure, quando in navigazione lessi tra le regole del diporto che, a 12 miglia dalla costa, è possibile, se necessario, buttare una bottiglia di vetro in mare.

Ma queste sono le conseguenze di un mancato riciclaggio del vetro.

Diciamo la verità, se non fosse che è fragile e tagliente, il vetro sarebbe il materiale di cui ci disferemo meno volentieri, che meglio immaginiamo integrato con la nostra vita e con la natura.
Ma è sbagliato. Il vetro disperso in natura ci mette più tempo di ogni altro materiale a degradarsi. 4000 anni.

Invece, il riciclo consente risparmio di risorse, di energia, di inquinamento e di CO2.

Ma che cos’è? Che destino ha se lasciato nell’ambiente? Come è organizzato il suo riciclaggio? E’ sempre riciclabile di qualunque cosa si tratti, dal vetro di una finestra alle cianfrusaglie soprammobili fino alle bottiglie?

Vediamo.

Le informazioni più utili le troviamo alla pagina web del consorzio italiano riciclaggio vetro:

Leggiamo infatti che si tratta di un materiale amorfo, che riscaldato diventa liquido e quindi può essere plasmato nelle forme che vogliamo.
Il vetro utilizzato correntemente è in prevalenza costituito di ossidi di silicio.
Al pari dei metalli, è riciclabile infinite volte a patto naturalmente di rispettarne le regole di raccolta differenziata.
Il suo riciclo consente un ampio risparmio di materia prima e di consumo energetico, insieme con una riduzione di emissioni di inquinanti e di gas clima alteranti (CO2).
Inoltre il materiale avviato correttamente a riciclo è una voce di profitto per i comuni diversamente da quello mandato ad altre modalità di smaltimento.
E’ quindi sia un dovere civico sia una convenienza economica destinarlo sempre correttamente al riciclo.

Questo documento raccoglie i risultati del riciclaggio del vetro in Italia nel 2018.

Sinteticamente:
il 76% degli imballaggi in vetro prodotti sono stati differenziati e riciclati con un incremento dell’8% della raccolta differenziata rispetto all’anno precedente (il 2017), per un totale di oltre 2 milioni di tonnellate di vetro riciclato.
Ma il 13% del vetro differenziato non è stato riciclato: questo per colpa della presenza di contaminanti derivanti da una scorretta procedura di differenziazione.

Ciò nonostante il riciclo ha consentito un importante risparmio di materia prima (3,4 milioni di tonnellate) e di energia (2,3 milioni di barili di petrolio), con riduzione di CO2 (2,1 milioni di tonnellate) e guadagno economico (79 milioni di Euro per i comuni e 500 milioni di Euro complessivi) rispetto a se non ci fosse stata alcuna raccolta differenziata.

Esiste però una differenza di media riciclata per abitante significativa tra le varie regioni d’Italia.
Gli estremi sono la Valle d’Aosta (56 kg di vetro riciclato per abitante) contro la Sicilia (16,7 kg per abitante).
La Campania, come tutto il Mezzogiorno, tende ai valori medi inferiori (28,7 kg per abitante).

Due quindi gli obiettivi più significativi da perseguire: migliorare la qualità del vetro raccolto e incrementare la raccolta in diverse regioni d’Italia.

Questo breve video ci riassume la situazione recente italiana.

Un risultato desiderabile stimato è di 2.000 tonnellate di vetro portate a riciclo per 50.000 abitanti. Si tratta di un valore di 40 kg per abitante.

A Napoli, nel 2019, con 1 milione di abitanti, sono state avviate al riciclo 20.000 tonnellate di vetro. Circa la metà di quanto atteso. A cui andrà tolta una percentuale non trascurabile che andrà in discarica perché contaminata per una errata raccolta differenziata.

Va comunque detto che paragonando i dati mensili attuali con l’anno precedente si apprezza un trend altalenante, ma in progressivo miglioramento.

In questa gara di potenziamento, che coinvolge in primo luogo tutti i cittadini ma naturalmente anche le amministrazioni comunali e regionali, le aziende impegnate nella raccolta e nel riciclo, quest’anno è entrato un nuovo ostacolo da superare, la pandemia da Covid19.
Che impatto sta avendo sulla raccolta differenziata del vetro?
A marzo 2020 c’è stata una riduzione della raccolta del 20%. Certo c’è stato anche un drastico calo di consumi.

Ma sia chiaro: in caso di negatività all’infezione da Covid19, la raccolta differenziata del vetro deve proseguire come di norma.


Appare evidente che, oltre ad incrementare la quantità del vetro riciclato, deve essere mantenuta una elevata qualità.

Quando pensiamo al vetro pensiamo a numerosi oggetti: mi vengono in mente quello delle finestre, oppure i bicchieri, le lampadine, le teglie da forno in pyrex, le bottiglie ed i barattoli. Anche i flaconi del profumo, gli specchi e gli schermi. Le ceneriere e bomboniere, i tappi di vetro di bottiglie pregiate. Le palline decorative natalizie in vetro. E chissà quanti altri.
Ma di questi, qual è quello che possiamo riciclare?
Le linee guida del COREVE sono precise: solo bottiglie e barattoli o vasetti in vetro.
Imballaggi di filiere alimentari, in sostanza.

Rimuovendo residui di contenuto, sciacquando, eliminando il tappo e, naturalmente, evitando di conferire nella campana il sacchetto di plastica che abbiamo utilizzato per raccoglierle.

Ma perché gli altri materiali in vetro non possono essere riciclati?
I bicchieri hanno parti in cristallo con piombo, le teglie in vetroceramica.
Sono vetri prodotti a partire da miscele diverse, che non possono essere fusi alla stessa temperatura per formare nuovo vetro. Una singola parte diversa compromette la raccolta di una massa molto maggiore. Ed è la causa dello spreco del 13% del vetro differenziato: contaminato con altre parti, anche se in quantità molto inferiore, è tutto da destinare alla discarica.

Una grammo di contaminante impedisce il riciclo di 300 chilogrammi correttamente selezionati. 
Facciamo un esempio: un bicchiere di vetro, con le sue parti in cristallo (e quindi in piombo) compromette il riciclo di 30.000 bottiglie. L’errore di un condomino si riflette sulla bontà del lavoro non del palazzo ma dell’intera strada.

E’ quindi essenziale mantenere innanzitutto una elevata qualità del riciclo.
Nel dubbio, meglio riciclare meno ma bene. 

Quando, nel 2007, ero studente Erasmus in Germania, notai che le campane del vetro separavano sempre la raccolta del vetro per il colore.
E qualche volta avevo difficoltà a riconoscere il colore di una bottiglia di vetro, a distinguere il verde dal marrone.
In effetti la distinzione per colore è indispensabile per la rigenerazione, e il contributo all’origine consente una migliore selezione rispetto a quella che avviene negli impianti.
Probabilmente vedremo implementare anche in Italia questo ulteriore livello di cernita.

Ad ogni colore corrisponde un preciso codice di riciclaggio: 70 per il vetro trasparente, 71 per quello verde e 72 per il marrone.

Questo un video elementare che mostra come avviene il riciclaggio del vetro:

E qui qualche spiegazione più approfondita sul processo industriale di riciclaggio del vetro:

E sulla produzione del vetro:

Aziende di riciclo:

Il vetro potrebbe essere recuperato non solo per nuove bottiglie ma anche per nuovi materiali per l’edilizia:

Qual è la percezione che abbiamo delle nostre conoscenze sul riciclo del vetro?
Giovani e anziani dichiarano entrambi di riciclare tutti gli imballaggi. Ma alla domanda “quante volte può essere riciclato il vetro?” hanno risposto correttamente più del 60% degli ultrasessantenni, circa il 40% dei giovani sotto i 30 anni.

I risultati attuali di riciclo sono ottimi. Ma gli obiettivi posti sono ancora più ambiziosi: raggiungere il 90% di riciclo del vetro per il 2030.
E forse il limite maggiore non sarà la nostra capacità di incremento di quantità e qualità, ma la disponibilità industriale di impianti di riciclo.

Ma oltre al riciclo, il vetro può essere destinato al riuso.
Sappiamo bene che negli ambienti contadini, le bottiglie di birra vengono conservate per le passate di pomodoro che si fanno ad agosto. Oppure che i barattoli di sughi e conserve vengono riutilizzati per le marmellate e per le melanzane sott’olio. Prodotti caserecci tanto apprezzati da tutti noi.
Eppure, il riuso apparteneva anche alla filiera industriale, per le bottiglie di latte, birra, cola, acqua.
In Germania è ancora molto presente, persino nelle discoteche per una bottiglia di birra si paga la pfand che viene restituita solo alla consegna del vetro vuoto.
In Italia sopravvive solo in certe filiere per l’acqua minerale.
Questo video di Milena Gabanelli spiega i motivi per cui è così trascurato il vuoto a rendere. Eppure converrebbe eccome all’ambiente.

In conclusione, il vetro rappresenta un gran successo della raccolta differenziata in Italia. Le percentuali di riciclo sono tra le più alte, insieme a metalli e carta e cartone. Se correttamente differenziato, la riciclabilità è infinita.
Il riciclo consente un notevole risparmio di materia prima, energetico e di emissioni di CO2.
Occorre, oltre che incrementare la raccolta dove ancora è poco diffuso, sicuramente migliorarla limitandola a bottiglie e vasetti/barattoli.
Inoltre, andrebbe incentivato il riuso, con il ripristino del vuoto a rendere.
Rimane un materiale gradito e di limitato impatto ambientale, per quanto non biodegradabile e tra i più lenti a degradarsi.

sabato 16 maggio 2020

STILLE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA. 5. LA DISPENSA

Oggi è il mio compleanno (+35) e sono felice di festeggiarlo anche pubblicando un nuovo post del blog.

Torniamo alle stille.
Stiamo viaggiando nella cucina alla scoperta degli imballaggi più diffusi e della loro riciclabilità. 
Dopo aver chiuso la porta del frigorifero, apriamo gli scomparti dei pensili della cucina.
E’ qui che la gran parte di noi mette la pasta, lo zucchero, la farina, i cereali.. e tanto altro.

Questa volta siamo davanti a prodotti pensati per essere conservati a lungo. 
Il loro contenitore quindi avrà caratteristiche diverse a quelli della catena del freddo.

In dispensa la lotta principale per la conservazione dei cibi si combatte con dei piccoli nemici favoriti dal caldo e dall’umidità: le farfalline della farina.
Esse possono colonizzare alcuni alimenti in fase produttiva, arrivare invisibili all’interno degli involucri sotto forma di uova e poi proliferare al raggiungimento delle condizioni climatiche opportune (tipicamente nei mesi estivi).

Questi insetti depositano numerose uova che nel complesso hanno un aspetto filamentoso, della consistenza di una ragnatela. Profittano dei nostri alimenti per far crescere le larve, i vermetti tanto indesiderati che spesso si scoprono aprendo il pacco di biscotti, e da adulti sono delle piccole farfalline che si notano poco.

Per quanto non facciano male, non è un bel vedere trovarli strisciare sulla fetta biscottata.
Un modo per monitorarne la presenza è dotarsi di trappole a ferormone: essendone attratte rimangono adese ad una specie di carta moschicida che può essere attaccata alla superficie interna delle ante dei pensili.

I rimedi per liberarsene: svuotare la dispensa, pulire a fondo con acqua e aceto, riporre solo contenitori che sono stati accuratamente puliti.

La prevenzione resta fondamentale. Non possiamo sapere se introduciamo un alimento contaminato, ma possiamo fare in modo che rimangano nel loro imballaggio chiusi e, una volta aperti, possiamo riporli in barattoli in vetro a chiusura ermetica.


La pasta secca che tutti consumiamo è destinata a durare a lungo, anche anni.
Deve sopravvivere alla conservazione in magazzino, nel negozio di alimentari o nel supermercato, nella nostra dispensa.
Ecco quindi che deve avere un involucro adatto.
Come viene imballata la pasta in vendita?

Essenzialmente in due modi: scatole di cartone rigido e buste flessibili di plastica.
Nel caso della confezione in cartone, essa è facilmente e ben riciclabile. Solo attenzione che spesso è presente una finestra in plastica trasparente che consente di vedere il prodotto e va tolta prima di conferirlo nella carta.
La confezione in plastica, più diffusa, è in polipropilene (PP, polimero 5). Pur essendo un imballaggio in plastica, non è una cattiva scelta perché ha buone probabilità di essere riciclato.

Non dimentichiamo che il packaging è anche marketing: risponde a esigenze di igiene ma deve anche essere attrattivo verso chi sta per comprare il prodotto.

Bene quindi che l’attenzione alla riciclabilità faccia parte dei criteri di scelta dei consumatori e quindi le case ne facciano una forma di promozione.

Sotto questo punto di vista, l’aumento di consapevolezza dei consumatori è un validissimo strumento per vedere ridotti imballaggi di apparenza a scarso impatto ma che poi invece non troveranno destino nel riciclo o nel compostaggio.
Cresce infatti, in vari ambiti, la richiesta e l’offerta di prodotti senza imballaggio o con imballaggi a bassissimo impatto.

Ma esiste per la pasta un packaging in materiale biodegradabile?
E’ stato studiato e realizzato, ma risulta ancora troppo costoso per poter essere commercializzato su larga scala.

Ecco un documento enciclopedico per approfondimenti sul packaging:

Il riso ed altri cereali, come couscous, orzo o farro oramai sono sempre più presenti nella nostra dispensa.
Certo, credo che per mezzo secolo dal dopoguerra alla fine degli anni Novanta abbiamo mangiato quasi esclusivamente pasta. Almeno qui a Napoli.
Ma oggi alcune abitudini sono cambiate.
Integrare la dieta con una varietà di cereali integrali è un elemento di grande valore per la nostra alimentazione.
Inoltre sono pratici: si cuociono facilmente, si conservano in frigo per qualche giorno e all’occorrenza si possono unire a verdure per una comoda schiscetta senza che il sapore si alteri così tanto. Non possiamo fare lo stesso con la pasta.
Le scelte di imballaggio sono varie. Comprendono scatole in cartone e buste in PP come per la pasta.
Ma una scelta frequente è di trovarli sottovuoto in una busta di plastica e magari all’interno di una scatola di cartone.
Precedentemente abbiamo parlato dei sottovuoto: la riciclabilità della busta trasparente dipende dal polimero con cui è costituita. Non sempre questo dato è facilmente deducibile.

Non mancano comunque imballaggi in carta, di più immediato e sicuro riciclo.

Ma soprattutto, c’è una crescita non trascurabile della possibilità di comprarli sfusi, a peso, in una bustina di carta.
Gli acquisti di prodotti sfusi sono infatti una valida scommessa sia nella riduzione di rifiuti sia nella crescita della consapevolezza del problema: siano essi generi alimentari, come cereali, legumi, frutta secca, o detersivi, aumenta sempre di più l’interesse verso questi prodotti e la disponibilità a riusare borse, magari apposite, portate da casa.
Per quanto la pandemia da Covid19 abbia bruscamente interrotto questa sequenza, dovendo limitare al massimo manipolazione e tempo per la spesa, sono fiducioso che in condizioni igieniche ottimali possiamo presso vedere una più veloce ripresa di questa buona abitudine.

Farina, sale e zucchero sono prodotti presenti in tutte le dispense.
Ho fatto davvero fatica, e non ho trovato, fonti sull’argomento. Ma nella mia esperienza ovunque ho visto solo imballi in carta  ed in cartone rigido (o entrambi) per questi prodotti. 
Una nota per la bustina di zucchero monodose del bar: non sempre questa è di carta, ma talvolta è di carta plastificata. In questo caso, come poliaccoppiato, andrà nel non riciclabile.

Merendine, biscotti, fette biscottate e simili sono un gruppo di prodotti eterogenei negli imballaggi cui si ricorre o per la colazione o per uno spuntino. Più facile avere in casa quando ci sono bambini.
E’ difficile generalizzare perché produttori diversi fanno scelte diverse.
In genere il prodotto si trova in una bustina monodose, che può essere in plastica trasparente (pensiamo ai biscotti o alle fette biscottate) oppure colorata e stampata, adagiato in una scatola cartonata insieme ad altri, insieme imballati in un involucro in plastica ulteriore che chiude la confezione e in cui leggiamo tutte le informazioni del prodotto, oltre ad avere una grafica attrattiva.
Generalmente si tratta di imballi riciclabili, per la parte in carta e per la parte in plastica, che può essere di polimeri diversi (HDPE 2 LDPE 4 o più spesso PP 5), naturalmente evitando di gettarne microframmenti o di molto sporchi. Ma non mancano anche scelte diverse a scarsa riciclabilità. Soprattutto per le monodose vendibili singolarmente.
Per fortuna, i maggiori produttori tendono a chiarire bene il tipo di imballaggio ed il loro destino:

barattoli tipo marmellata e tappi: sono barattoli in vetro con tappi in plastica o alluminio. Marmellate, ma anche conserve sott’olio e sott’aceto, le alici, la senape. Dei tappi abbiamo parlato in precedenza, il barattolo va nel vetro. Ma, soprattutto, si possono conservare e riutilizzare. Anche per le schiscette.

contenitori per le spezie: si tratta in genere di piccoli barattoli in vetro con un tappo in plastica o in alluminio che passeranno anni in dispensa prima di essere svuotati.
Per quanto il destino di tappo e barattolo sia intuitivo, questi hanno quasi sempre una griglia in plastica che serve a limitare lo svuotamento per facilitarne l’utilizzo.
Ma al momento di gettare il contenitore si è in difficoltà: come conferirlo nel vetro se è ancora presente una parte in plastica?
Anche per questi le cose sono cambiate e per molti oggi è possibile separare agevolmente le due parti per avviarle al riciclo:

retine in plastica: alcuni prodotti ortofrutticoli vengono venduti già confezionati in una retina. Patate, aglio, cipolla, ma anche arance, limoni.
Di cosa è fatta? Dove va buttata?
Come leggiamo dai produttori, può essere in vari polimeri tutti a buona probabilità di riciclo (HDPE LDPE PP). Pertanto, come imballaggi, vanno nella plastica.

Dovremmo però domandarci se non possiamo farne a meno: sono infatti prodotti in vendita anche sfusi, in un sacchetto compostabile riutilizzabile per i rifiuti umidi.

Ma se comunque ne facciamo uso, prima di buttarle possiamo riutilizzarle: messe insieme fanno una spugna utile per lavare i piatti, in particolare per grattare ed eliminare le parti più dure che possono rimanere sul fondo di una pentola. A queste pagine le istruzioni per fabbricarle:

Queste retine sono anche presenti al banco pesce, per imballare cozze e mitili. Si usano anche per la loro coltura. E possono diventare un pericoloso rifiuto disperso in mare. Per fortuna esistono valide proposte di riciclo incentivanti per l’acquacoltore che potrebbero ridurre di molto la loro dispersione.

Ma forse un giorno non ne vedremo più in plastica ma in cotone:


Bene, alla prossima Stilla.

Vi ricordo dove scaricare una piccola guida da stampare ed avere sempre in evidenza per il corretto smistamento dei rifiuti dei contenitori per alimenti:

Due approfondimenti del CONAI (Consorzio Nazionale per il Recupero degli Imballaggi) 
Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in materiale plastico:
Liste degli imballaggi in plastica nelle fasce contributive:

E qui i collegamenti alle precedenti stille di raccolta differenziata:
1. Tubetto di dentifricio.
2. Tappi di bottiglia.
3. Contenitori di alimenti in frigorifero (prima parte).
4. Contenitori di alimenti in frigorifero (seconda parte).

venerdì 1 maggio 2020

MAGGIO 2020

frutta: albicocche, amarene (visciole, marasche), ciliegie, fragole, lamponi, fichi fioroni, nespole, finger lime, pompelmi, arance (fine stagione, in particolare varianti Navel, Valencia, ovale calabrese).
frutta esotica: banane, ananas.

verdura: aglio rosso, aglio, bietole, chayote, fave, patate novelle, piselli freschi, taccole, zucchine (anche fiori), asparagi, cipollotti, fagiolini, ravanelli, carote, borragine, agretti, cicorie, spinaci, cipolle, coste, finocchi, rafano, rucola.
erbe aromatiche: menta, maggiorana, aneto, sedano.
funghi: prugnolo (di san Giorgio).

pesce, frutti di mare pescato (Mediterraneo): vongole selvatiche o lupini o arselle, boga, cefalo o muggine, costardella, gallinella o capone, leccia, menola, mormora, occhiata, pagello bastardo e pagello fragolino, palamita, pesce sciabola o bandiera o lama, sarago, sgombro, sugarello, tombarello, tonnetto striato, tonno alletterato, zerro.
pesce di acque dolci Europee di allevamento o pescato:  coregone o lavarello (allevamento), trota salmerino e trota iridea (americana) e trota fario (allevamento), persico (Europa), storione (SOLO allevamento).
pesce, frutti di mare da allevamento: capesante (nord Atlantico), cozze (Mediterraneo), gambero imperiale o mazzancolla (Mediterraneo), ostrica (Mediterraneo e Atlantico), rombo chiodato (Mediterraneo e Atlantico), vongole (Adriatico, Mediterraneo).
pesce, frutti di mare pescato o di allevamento da consumare con moderazione (certificazioni MSC ASC o pesca tradizionale locale: acciuga o alice (piccola pesca costiera o MSC): branzino o spigola (prodotto pescato o allevamento ASC), orata (allevamento ASC), sardina (piccola pesca costiera o MSC), tilapia (allevamento USA o Europa), gambero o gamberetto (Mediterraneo e nord Atlantico), pagro (Mediterraneo), polpo (Mediterraneo e Atlantico), scampi (Mediterraneo e Atlantico), seppie (Mediterraneo e Atlantico), totano (Mediterraneo e Atlantico).