Carissimi, continuando la nostra ricerca sui vecchi “coloniali”, dopo zucchero e cacao è arrivato il momento del caffè.
E’ uno degli argomenti più estesi finora affrontati: si trovano, in rete, centinaia di pagine che parlano della storia del caffè e delle sue caratteristiche, ma anche altrettanti siti di commercianti che offrono la loro visione e i loro prodotti.
Lo spirito con cui ho affrontato questo approfondimento è stato quello più vicino possibile allo scopo del blog: sapere, quando beviamo una tazzina di caffè, da dove viene quel prodotto, cosa realmente incide sulla sua bontà e qualità, per noi, per chi lo produce e se l’impatto ambientale è sostenibile oppure no.
E poi, qualche nota di curiosità per una storia così ricca e una eterogeneità ancora oggi così vasta, per noi italiani l’espresso e la moka, per i turchi e i nordeuropei tutt’altro, per non parlare degli asiatici.
Eppure, la caffetteria è un nome tutto italiano nel mondo: cappuccino, espresso e storpiature varie inesistenti qui di noi (choppuccino, frappuccino et al.) parlano italiano ovunque.
Inoltre, fa bene o fa male?
Vediamolo.
Partiamo dalla vita quotidiana.
A casa, appena svegliati. A lavoro, durante la mattinata, con i colleghi. Al bar, dopo pranzo, o a un incontro, nel pomeriggio. C’è chi lo beve anche la sera, dopo cena.
La grande maggioranza degli italiani beve ogni giorno 2 o 3 caffè. Da soli o in compagnia.
In Europa il maggior consumo di caffè pro capite è un primato dei paesi scandinavi e della Finlandia in particolare.
Vero è anche che il caffè filtrato, tipico dell’Europa del nord e continentale, necessita di una maggiore quantità di caffè rispetto all’espresso per ogni tazza.
Ma quanto caffè serve per consentire a tutti noi di berne così spesso?
Quasi 160 milioni di sacchi di caffè (pari a 10 milioni di tonnellate) al mondo sono state prodotti nella precedente stagione. L’Italia da sola ne consuma circa 9 milioni di sacchi.
Il caffè, dopo il petrolio, rappresenta il bene più commerciato al mondo.
Praticamente ogni parte del pianeta importa e consuma caffè.
Il caffè viene coltivato nella fascia equatoriale della Terra: centro e sud America, Africa, Asia e Oceania.
A queste pagine leggiamo, stato per stato, le quantità prodotte e le peculiarità qualitative e quantitative che li caratterizza:
Il Vietnam è oggi il secondo produttore mondiale di caffè (dopo il Brasile e prima della Colombia).
La recente ascesa asiatica nella produzione (e nel consumo) di caffè è bene descritta qui:
L’origine storica della pianta di caffè è l’Etiopia, più precisamente la regione di Kaffa.
Tra tante leggende sulla sua scoperta, la diffusione avviene nel mondo arabo a partire dall’anno 1000 (importante per la sua circolazione la città di Moka in Yemen).
Ma l’espansione planetaria avviene grazie alla sua popolarità in Europa, quando negli anni a seguire del Seicento, con il colonialismo, la coltivazione si estende al Sudamerica e all’Asia, fino a raggiungere, nel Novecento, la diffusione attuale.
Appartiene alla storia degli ultimi 50 anni invece la popolarità raggiunta, nel consumo, nelle popolazioni dell’estremo oriente.
Di tante varietà selvatiche esistenti tuttora nella zona di origine, essenzialmente sono solo 2 quelle coltivate in tutto il mondo e con valore commerciale: Arabica e Robusta.
Arabica è la qualità di caffè più coltivata, considerata più pregiata. Si caratterizza per un gusto più delicato, meno amaro rispetto alla Robusta, che invece è più forte e corposa, contiene più caffeina. Inoltre, la Robusta è una pianta più resistente e facile da coltivare.
Ma spesso è una miscela di entrambe quella che beviamo, magari proveniente da più coltivazioni, perché meglio si adatta ai nostri gusti. Ecco perché chiamiamo anche miscela il caffè macinato e pronto per la caffettiera.
Esistono molte altre varietà di caffè meno usuali per le nostre abitudini ma anche molto pregiate.
Addirittura, tra le più pregiate (e costose) viene considerata la Kopi Luwak dell’Indonesia. Le bacche di questa varietà vengono ingerite e defecate da un piccolo mammifero, lo zibetto comune delle palme, e poi raccolte e lavorate. Analogamente, il Black Ivory, dalla digestione di elefanti in Tailandia. Io non li berrei, e non solo per il prezzo, ma per il bisogno di allevare questi animali costringendoli ad alimentarsi principalmente di bacche di caffè.
Tornando alla coltivazione tradizionale della pianta di caffè, la bacca matura, una volta raccolta, operazione spesso da farsi manualmente, appare di colore rossastro e deve essere aperta per raggiungere il chicco, che appare di colore verde. Questa operazione può essere effettuata al sole, attendendo per alcuni giorni, oppure in acqua meccanicamente, più rapida.
Il chicco verde deve essere tostato (torrefazione), operazione in cui raggiunge il colore e l’aspetto a tutti noto, e poi macinato.
La produzione mondiale del caffè ha delle variazioni anno per anno ma negli ultimi 2 anni ha teso a superare la domanda, determinando variazioni importanti nel prezzo (ribassi) con ripercussioni su una vasta filiera di produttori piccoli, medi e grandi:
Il costo del caffè al dettaglio non riflette il costo in produzione. Ad una lenta e progressiva diminuzione del costo al kilo, nei nostri bar non è corrisposta una diminuzione del prezzo per espresso, anzi un aumento. Ciò naturalmente perché ad aumentare sono stati i costi di gestione dell’esercizio.
E’ anche vero però che si tratta di una filiera (la più grande al mondo) dove un vasto insieme di piccoli produttori ha poco potere contrattuale verso l’industria di caffè, che fa da intermediaria e trasforma il prodotto rendendolo fruibile per il consumo (e che con la selezione dei chicchi e la trasformazione lo rende un prodotto adatto ai diversi gusti, per cui vi sono così tante differenze tra una marca e l'altra).
Ma quanto è sostenibile il consumo del caffè?
La coltivazione del caffè si divide in forme di tipo tradizionale, con piante in crescita all’ombra, in un contesto utile a preservare un ambiente naturale che protegge da insetti e erosione del terreno la coltivazione, e in forme di coltivazioni intensive, in pieno sole, con vaste piantagioni ed impiego maggiore di pesticidi e di acqua.
Conoscere la fonte del caffè che si beve, sia come luogo del mondo, sia come tipo di coltivazione, dovrebbe quindi essere un parametro che ci aiuta a scegliere il prodotto che preferiamo. Ma significa accedere a informazioni che spesso mancano nelle confezioni in vendita.
Gran parte della produzione di caffè del mondo avviene ad opera di piccole imprese agricole. Per alcuni nazioni, il commercio del caffè è una delle principali voci dell’economia. Ma è anche importante che ci sia una sostenibilità ambientale.
Tra le principali certificazioni di sostenibilità del caffè vi sono: 4C Coffee association, Fairtrade Max Havelaar, Rainforest Alliance, UTZ, Smithsonian Migratory Bird Center.
Qual è allora il caffè più sostenibile?
C’è una differenza importante tra quello della moka, dell’espresso, le cialde, le capsule o il filtrato?
in quest’articolo del fatto alimentare leggiamo che, in termini di sostenibilità ambientale, a fare la differenza è più l’origine del caffè che la modalità in cui lo si prepara (moka, filtro, capsule o espresso).
Utile quindi scegliere un caffè certificato, ecologico e sostenibile.
Lisa Casali indica che i marchio BIO e Fair Trade possono aiutarci nella scelta, ma anche verificare sul sito dell’azienda produttrice che scelte concrete vengono effettuate.
D’altra parte, il problema della sostenibilità è reale. Il cambiamento climatico minaccia le coltivazioni di caffè. Quest’articolo di Riusa commenta un approfondito studio che ipotizza, per l’Etiopia, patria della biodiversità del caffè, una perdita di uso di circa il 40% del territorio dove attualmente cresce il caffè per il 2040 a causa dei cambiamenti climatici.
Ma un ulteriore grave problema ambientale sono le coltivazioni illecite che determinano disboscamento di foresta persino nei parchi naturali:
Di seguito due documenti che descrivono la produzione agricola del caffè e le problematiche connesse.
La prima fonte esprime la posizione del piccolo coltivatore del Guatemala, che soffre l’agguerrita concorrenza mondiale e le importanti fluttuazioni del prezzo, per cui un piccolo ribasso può rappresentare una perdita enorme.
Si pone attenzione sulla necessità di conoscere la filiera del caffè che si beve e di verificarne il rispetto delle condizioni di lavoro del produttore. Cosa che i prodotti del mercato equo possono garantire.
La seconda fonte invece è della Nestle. Anche qui si analizza il problema della difficoltà per il piccolo produttore di avere un adeguato margine di guadagno. Il problema è la produzione che supera la domanda. Si pone l’attenzione sugli eccessivi incentivi alla produzione di caffè. La scelta di un prodotto maggiormente pregiato può garantire una maggiore opportunità per i coltivatori ed un maggiore rispetto ambientale.
E vediamo adesso la pianta di caffè. Anche se le coltivazioni si trovano nella fascia tropicale del pianeta (entro 30° di parallelo dall’equatore) e in montagna, possiamo facilmente coltivarne a scopo ornamentale (anche io ne ho una). Teme però il freddo e il caldo del nostro clima, e per questo sta meglio in casa.
Adesso un po’ di salute: quanti caffè si possono bere al giorno?
Prima considerazione, è la caffeina la sostanza a cui si deve fare attenzione, che se assunta in eccesso può dare disturbi o fare male.
I diversi modi di preparare il caffè ne fanno variare la sua concentrazione: una tazza di caffè americano contiene più caffeina di una tazza di caffè da moka che ne contiene più di una tazza di caffè espresso da bar. Grosso modo, una bella tazza da moka ne contiene fino a 100 milligrammi.
La dose media quotidiana al giorno da non superare può essere intorno ai 300-400mg. Come dire 3 tazzine di caffè moka al giorno.
Bisogna però badare anche alle altre fonti di caffeina: tè, cioccolato, bevande analcoliche, integratori, farmaci.
Attenzione a bambini, adolescenti, donne incinte. In questi casi il limite scende (massimo 1-2 tazzine).
Sembra comunque, per la caffeina come per tante altre sostanze, che un basso consumo faccia anche bene, o meglio coloro i quali ne fanno basso consumo sono meno inclini a sviluppare patologie degenerative cerebrali.
Curiosità
La parola caffè può derivare sia dal termine arabo qahwa che identifica oggi il caffè in arabo ma che può significare anche vino, liquore, sia dalla regione Caffa, in Etiopia, dove era molto diffusa la pianta del caffè allo stato spontaneo.
Come si è diffuso il caffè in Turchia, il suo significato e le modalità di preparazione del caffè turco:
E’ attraverso l’impero ottomano che il caffè arriva in Europa, a Venezia e a Vienna:
Sull’arrivo del caffè a Napoli. Tante leggende e date diverse, ma la grande diffusione avvenne all’inizio dell’Ottocento.
Belle fonti e una bell’articolo sulla storia del caffè si trovano a questa pagina di Repubblica:
La macchina Espresso da bar nasce a Torino nel 1884; la moka nel 1933, grazie ad Alfonso Bialetti. E prima? Nelle case si usava la caffettiera Napoletana, nata a Parigi nel 1819. Ai link successivi leggiamo le evoluzioni che ha avuto la macchina espresso da bar ed il cambiare delle abitudini degli italiani verso il caffè nel corso del Novecento.
Caffetterie storiche d’Europa: Budapest, Praga, Parigi, Vienna ed altre città europee:
e d’Italia: Napoli, Roma, Pisa, Firenze, Torino, Venezia, Trieste, Padova.
Una bella storia delle caffetteria napoletane più belle dell’inizio del Novecento. Solo Gambrinus è sopravvissuta.
Qui fonti su come si è diffuso e come si beve il caffè nel mondo.
Istruzioni per fare un buon caffè con la moka secondo il chimico Dario Bressanini:
Il rito del caffè a Napoli secondo Luciano Pignataro:
Cosa fare con la posa del caffè: concime per piante, sgrassatore, profumo per ambiente e per frigorifero. Allontana le formiche e le lumache.
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