Introduzione

ECOLOGIA, CUCINA E ECONOMIA DOMESTICA: L'INIZIO.

Le azioni quotidiane più semplici, come fare la spesa, cucinare, raccogliere i rifiuti, vengono perlopiù svolte seguendo insegnamenti di ba...

domenica 30 dicembre 2018

CACHI, CAKI, KAKI E LOTI

L’appuntamento del mese riguarda questo magnifico frutto autunnale.
di origine asiatica, cinese e importato in Giappone 1000 anni fa, si coltiva in Italia dall’inizio del Novecento principalmente in tre aree: Campania (province di Napoli e Salerno, agro nocerino e nolano), Emilia Romagna (Romagna, provincia di Forlì) e basso Veneto, Sicilia (Mislimeri, provincia di Palermo).

Conosciamo le varietà, la maturazione ed il momento ottimale di consumo di questo dolce frutto così tipico della nostra campagna e con una produzione a basso impatto ambientale.

Ricordiamo le immagini autunnali, in una giornata di pioggia, di questo bellissimo albero privo di foglie ma con tutti i frutti arancioni e rossi ancora attaccati ai rami, che ne sono pieni? E’ una immagine bellissima.

Infine, il nome. Scopriamo che ne ha vari regionali, tra i quali per noi campani spicca legnasanta per una raffigurazione di verosimiglianza mariana nel seme. E loto, che rimanda ai classici Greci, ai loti di Tripoli. Ma il nome corretto è cachi, preferibilmente non declinabile. 


notizie generali sul frutto e sull’albero

sul momento giusto di raccolta del cachi

ancora sulla maturazione dei cachi

storia del frutto di Romagna e una guida al consumo al momento giusto

abbiamo anche un cocktail, il Caribbean, con questo prezioso componente

notizie generali sul consumo, sulle doti nutrizionali

come si chiama questo frutto?

il mercato mondiale dei cachi

i kaki a polpa dura

il kaki vaniglia napoletano

FICHI


Notizie di cultura generale sui fichi
https://www.alimentipedia.it/fico.html
http://www.fruttama.it/forum/viewtopic.php?t=152

Notizie sulla coltivazione del fico
http://www.agraria.org/coltivazioniarboree/fico.htm
https://www.giardini.biz/piante/piante-da-frutto/fico/
http://www.ortosemplice.it/frutta/fico/

Notizie sulla produzione dei fichi in Italia (provincia di Salerno, provincia di Cosenza, Puglia)
http://www.freshplaza.it/article/76786/Una-panoramica-sullindustria-italiana-del-fico-e-sulla-filiera-cosentina

Produzione locale: Cilento
http://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2014/un-prodotto-tipico-del-cilento-il-fico-bianco/

Fichi secchi
http://www.gamberorosso.it/it/food/1018820-degustazioni-quali-sono-i-migliori-fichi-secchi-in-commercio

Varietà di fichi
http://www.orsomarsoblues.it/2015/09/il-fico-tutte-le-varieta/

Ricette: come preparare i fichi secchi
https://www.lucianopignataro.it/a/la-ricetta-cilentana-come-preparare-i-fichi-secchi-imbottiti/32557/

Da Luciano Pignataro: produttori campani di fichi secchi
https://www.lucianopignataro.it/a/fico-monnato-prignano-cilento-presidio-slow-food-incontro-produttori/122521/
https://www.lucianopignataro.it/a/artigiani-del-gusto-fichi-augusto-mansi-ravello/117188/
https://www.lucianopignataro.it/a/il-fico-bianco-del-cilento-azienda-ruocco/67345/

martedì 25 dicembre 2018

PESCE SOSTENIBILE

Come certifica la FAO il consumo di pesce mondiale è in continuo aumento.

è percepibile anche ai nostri occhi, se solo pensiamo al boom di ristoranti di pesce crudo negli ultimi 15 anni.

Ma, cosa ne sappiamo veramente del pesce che mangiamo?

Qualcosa ci è stata insegnata riguardo la qualità.
il pesce è buono quando è fresco.
è facile pensare che quello pescato sia migliore di quello allevato. 
abbiamo una diffidenza generale per quello surgelato.
Ma siamo sicuri che la qualità viaggi ancora per questi principi pre-globalizzazione?

E soprattutto, la pesca oggi è sostenibile? 
Pescare in mare danneggia l’ecosistema? 
Alcuni pesci sono pescati in maniera troppo intensiva? 
L’allevamento di pesce va bene oppure no? 
Scopriamo, con l’aiuto di chi ha la qualità e la natura a cuore, cosa è vero e cosa no.

Vedremo che alcuni pesci e frutti di mare si prestano all’allevamento, la qualità rimane elevata e non danneggiano l’ecosistema (rombo, cozze e vongole, allevamenti a terra) mentre altri, come il salmone (la quasi totalità del salmone che mangiamo è di allevamento, sia esso fresco, crudo o affumicato) lo possono danneggiare.

Il concetto di fresco può non essere relativo all’appena pescato, e comunque un pesce pescato e immediatamente surgelato può mantenere la qualità meglio di molti altri appena pescati (e così è tutto il pesce atlantico, merluzzo, baccalà, pesce spada e polpi).

Per alcuni pesci, poi, vale il discorso che la pesca è talmente intensiva (perché il prodotto è richiesto) come pesce spada, tonno, che sta portando al depauperamento della specie, cosa già avvenuta per lo storione (il pregiato caviale).

Per altri, invece, e ci tocca molto da vicino come Italia, la pesce determina l’utilizzo di strumenti aggressivi che danneggiano tante altre specie: prime tra tutte le tartarughe, le bellissime Caretta caretta di cui seguiamo le schiuse delle uova in spiaggia durante l’estate.
E per questo motivo alcuni pesci andrebbero evitati, tra cui la cernia, il dentice e bisognerebbe badare con attenzione alle modalità di pesca.


Chi ci può dare indicazioni precise?
Ecco alcuni riferimenti:

italiano, chiaro ed esaustivo, sul consumo di pesce e sulle modalità di pesca, ci mette inoltre a disposizione una piccola guida stampabile e piegabile, da avere sempre con noi nel portafogli per scegliere bene.
Divide pesci il cui consumo è da evitare, pesci per cui si consiglia la moderazione o di badare a determinati fattori (come la modalità di pesca), pesci per cui abbiamo via libera al consumo.

anche slow food dà chiare indicazioni, sul nostro contributo nella scelta, con una guida più esaustiva ma meno schematica e non tascabile.
Sul loro sito sono inoltre presenti ulteriori utili informazioni ed un elenco mondiale di guide ragionato per nazione. 

Greenpeace si sofferma molto sulle modalità di pesca e ci consente di conoscere altri dettagli sull’etichetta del pesce.

anche WWF ci introduce in maniera esaustiva al problema. Inoltre, ci indica come anche per il pesce esista una stagionalità: periodi dell’anno in cui la maggioranza degli esemplari hanno raggiunto l’età adulta, non sono in riproduzione e non vengono eccessivamente danneggiati dalla pesca.

l’industria di pesca ha approvato un disciplinare di pesca responsabile. con il patrocinio di UNILEVER  e WWF. Troneggia su tutte le confezioni FINDUS (marchio Unilever). E’ indubbiamente una forma di tutela quando si sceglie di mangiare pesce oceanico (merluzzo, ad esempio).

Insomma, spero che anche voi troviate l’argomento di principale importanza.
E concludo dicendovi che da un anno ho sostituito al tonno in scatola lo sgombro: più sostenibile, più saporito.

Al prossimo appuntamento

RICICLAGGIO DELLA PLASTICA

Carissimi,

questo mese approfondiamo la presenza della plastica nella nostra vita quotidiana e della fine che essa fa al termine del nostro uso.
Quest’anno ho letto spesso, su giornali e riviste, su Facebook, sul National Geographic notizie relative al grande impatto che i rifiuti di plastica hanno sul pianeta. In particolare, è stato nel periodo estivo che l’attenzione dei media si è rivolta
verso questo problema, cioè quando frequentiamo di più il mare e ci rendiamo conto che questo stia raccogliendo un numero sempre crescente di rifiuti di plastica con gravissime conseguenze per l’ecosistema marino.
E’ questa l’occasione per approfondire l’uso di questo materiale e le conseguenza che ne comporta.

Incominciamo col definire cosa è la plastica.
Più che proporvi cosa essa sia da un punto di vista chimico, da cosa e come viene prodotta, scopriamo che esistono diversi tipi di plastiche:

Il file in allegato è una sintesi da stampare e tenere vicino al calendario di smaltimento rifiuti della raccolta differenziata.
La fonte è la società di raccolta rifiuti statunitense Action Environmental Group.
https://actioncarting.com
















































Come abbiamo visto, esistono 6 categorie principali di plastiche, ed una settima che contiene tutte le restanti. Ogni oggetto di plastica riporta un triangolino ed all’interno un numero o un codice che identifica una delle 7 categorie.
Proviamo a verificarlo sulle bottiglie in plastica dell’acqua che beviamo a lavoro, sui flaconi del bagnoschiuma, sulle vaschette che contengono frutta e verdura che abbiamo comprato pronta all’uso al supermercato. Più semplicemente, su ogni imballaggio di prodotto alimentare che consumiamo.
Per chi vuole approfondire, a questi due indirizzi troviamo come interpretare tutti i simboli che identificano i materiali riciclabili:

Adesso che ne conosciamo i vari sottotipi, sono tutti veramente riciclabili i diversi tipi di plastica?
E’ vero che la plastica si ricicla tale e quale come il vetro e la carta?
Ecco cosa ho trovato sulla reale quota di riciclaggio, negli Stati Uniti, e nell’intero pianeta per i diversi tipi di plastica:

Come si vede, se ne ricicla ben poco, e soprattutto solo di alcune delle 7 categorie esistenti.
Dal 1950 al 2015 si legge che nel mondo si è riciclato meno del 10% del totale!
Un po’ meglio le cose vanno in Europa, anche se i dati vengono presentati in modo diverso (per certi aspetti più esaustivo):
(bisogna scaricare il pdf the Facts 2018)

Emerge che il 50% della produzione mondiale di plastica avviene in Cina, in Europa il 19%.
Che la media europea di riciclaggio plastica è al 31% (di cui una parte perché inviata “outside Europe” e questo è un punto che in seguito approfondiremo), e comunque con una discreta eterogeneità (ad esempio, in Italia fino al 50% va in discarica, in Grecia oltre il 50% ed in Germania meno del 10%).
Il trend comunque, in rapporto agli ultimi 10 anni, è stato di un aumento costante di quota riciclata.

Ma perché contrariamente al vetro e alla carta è così difficile riciclarla?
Solo per la sua eterogeneità?
Vediamo:

Se ne deduce dunque che alcuni tipi di plastica, il tipo 1 il tipo 2 e il tipo 4 (forme di polietilene) vengono più facilmente riciclati rispetto ad altri (il tipo 5 polipropilene e il tipo 6 polistirene), mentre il tipo 3 policloruro di vinile insieme al gruppo altri 7 praticamente non viene riciclato.
Ma come funziona il riciclaggio della plastica?

Questi due video ci spiegano come avviene in Italia il riciclaggio della plastica tipo 1, il PET.
COREPLA
Superquark

E’ interessante notare che alla voce riciclaggio plastica su youtube si trovino video che si limitano a trattare il riciclaggio di solo un tipo di plastica, il tipo 1. Quasi a nascondere le reali difficoltà che esistono per riciclare tutte le altre forme.

Eppure, nonostante le difficoltà, il riciclaggio della plastica in Italia oltre che rappresentare una sfida in continua crescita può diventare anche una forma di guadagno (cosiddetta green economy):

Abbiamo però spesso, quest’anno, avuto notizia di incendi nei centri deputati alla raccolta della plastica prima che essa venga inviata a centri di riciclaggio.
Perché è successo?

Di fatto, il riciclaggio della plastica in Europa dipende molto dall’esportazione in Cina.
Perché la Cina non accetta più plastica e cosa può significare?

Le conclusioni sono che solo una parte, meno della metà, sia qualitativamente che quantitativamente, della plastica prodotta e usata viene riciclata.
Il resto, nella migliore delle ipotesi, viene raccolta e convogliata in un impianto di termovalorizzazione.
Una buona parte finisce in discarica, e con esso intendiamo anche la dispersione nell’ambiente, che è la conseguenza che temiamo di più, visto che non si tratta di materiale biodegradabile.
Parimenti grave, viene bruciata in maniera irregolare, episodi spesso successi in tutta Italia nel 2018, perché accumulata ma ingestibile, con gravi conseguenze ambientali per questa combustione non controllata.

Se ne deduce che per abbattere il problema della dispersione della plastica nell’ambiente, riciclare la plastica è necessario ma non sufficiente.
Piuttosto, dobbiamo impegnarci a produrne di meno.
Un punto di vista ben chiaro e ben espresso in questo corto di Greenpeace:

Come fare allora a ridurre la plastica che utilizziamo quotidianamente?
E’ un argomento interessante, che torneremo ad affrontare, insieme con il problema della dispersione nell’ambiente.
Facile trovare indicazioni disparate in rete.
Intanto leggiamo un interessante punto di vista di chi si dà da fare per evitare l’uso della plastica senza lasciarsi influenzare da dogmi e chimere:
In conclusione, il riciclaggio è utile ma non basta a combattere la dispersione di plastica nell’ambiente.
Semplicemente, va ridotto drasticamente il suo utilizzo.

E’ un tema che lascia amarezza, come quello della pesca selvaggia affrontato ad ottobre.
Eppure, il ruolo di ognuno di noi, nell’evitare il consumo di prodotti in plastica usa e getta, nell’impedire che quella utilizzata sfugga al meccanismo del riciclo e del corretto conferimento dei rifiuti, insieme con la diffusione della sensibilità e della conoscenza del problema  e dei modi per affrontarlo sono gli unici mezzi di cui disponiamo per migliorare la Terra che abitiamo.

A presto.




Di seguito, per chi volesse, ulteriori spunti di approfondimento nazionali e soprattutto regionali.
consorzio nazionale riciclaggio rifiuti
http://www.corepla.it
smaltimento dei rifiuti in Campania
https://www.wwfcaserta.org/upload/Libro_sui_rifiuti_A-Gatto.pdf
riciclaggio plastica in Campania
https://www.asianapoli.it/raccolta-differenziata/come-si-fa-la-raccolta-differenziata/plastica-e-metalli.html
https://jacopogiliberto.blog.ilsole24ore.com/2016/03/18/il-riciclo-della-plastica-che-funziona-in-campania-e-non-e-vero-che-tanto-finisce-tutto-in-discarica/?refresh_ce=1
https://www.lastampa.it/2016/05/25/scienza/riciclo-della-plastica-anche-il-sud-decolla-zRdZgoIH5I2pP1DEJEsOKI/pagina.html
http://www.zitoplastica.com
https://www.lacampaniamacero.it

https://www.recuperoplasticaecartanapoli.it

ECOLOGIA, CUCINA E ECONOMIA DOMESTICA: L'INIZIO.

Le azioni quotidiane più semplici, come fare la spesa, cucinare, raccogliere i rifiuti, vengono perlopiù svolte seguendo insegnamenti di base, senza approfondire le conseguenze che queste gesta possono avere sull’ambiente.

Sono abbastanza convinto che tutti noi abbiamo a cuore l’ambiente in cui viviamo, e faremmo volentieri ogni piccolo gesto che possa aiutare la natura e diminuire il nostro impatto ambientale, se solo sapessimo quali.

Si tratta di azioni che nel tempo cambiano: ad esempio, 40 anni fa era soddisfacente conferire la spazzatura nei cassonetti, 10 anni fa era importante diffondere la cultura della raccolta differenziata, oggi è necessario produrre pochi rifiuti.
E’ un sapere che viene un po’ insegnato dalla scuola (ci ricordiamo dell’educazione tecnica?) e un po’ tramandato dalla famiglia, che in parte rientra nel cosiddetto senso civico, ma non è facile trovare fonti attendibili che ci illustrino quali sono le problematiche e come affrontarle al meglio.

Lo scopo di questo blog allora è di raccogliere tutte le informazioni possibili utili sia a limitare i danni delle nostre gesta sulla natura sia a conoscere quali scelte possono consentirci di ottenere la migliore qualità possibile nei prodotti che mangiamo.
Approfondiremo quindi la frutta e verdura di stagione, prodotti biologici e km 0, pesce e allevamento.
Sui beni coloniali e di importazione, sulle bollette delle nostre case, sui rifiuti.
E, ovviamente, l’impatto che ne deriva sull’ambiente.
La speranza quindi è di conoscere e attuare quelle scelte che minimino il nostro impatto e anzi contribuiscano a dare sollievo alla natura.

Nel titolo del blog ho scelto termini precisi: Ecologia, per conoscenza dell’impatto che abbiamo sull’ambiente, Cucina, per conoscenza dei cibi che compriamo, della loro origine, della loro stagionalità e della loro qualità.
Infine economia domestica, la corretta gestione della casa, che, sintetizza bene gli effetti sull’ambiente. E' stata a lungo tema d’insegnamento, scomparendo con l'unificazione dei sessi per le materie nella scuola.
Oggi, tutti necessitiamo di conoscerla. 


Sperando nella riuscita del progetto, nei contributi di tutti e nella qualità delle informazioni riportate, vi rimando alle sezioni del blog.