Introduzione

ECOLOGIA, CUCINA E ECONOMIA DOMESTICA: L'INIZIO.

Le azioni quotidiane più semplici, come fare la spesa, cucinare, raccogliere i rifiuti, vengono perlopiù svolte seguendo insegnamenti di ba...

domenica 26 aprile 2020

FRAGOLE

Questo mese parliamo di fragole. E’ un frutto diverso dagli altri che abbiamo trattato: per raccogliere le fragole bisogna chinarsi e prenderle da una piantina e non salire su un albero.

La frutta è tutta buona ma il privilegio delle fragole di essere considerate al pari di un dolce è condiviso con pochi altri frutti.
Non si sbuccia ed è il tipico frutto preferito dei bambini.

Approfondire le fragole mi ha fatto scoprire che sono buone e sane (associandole ai dolci ho sempre limitato il consumo per paura che facessero male) e soprattutto mi ha messo in difficoltà nel capire quando è il periodo dell’anno in cui giungono a maturazione.
Vediamo perché.

La fragola, e la fragolina di bosco, non sono un vero frutto. I veri frutti sono i puntini bianchi in superficie. La pianta è la Fragaria, tipica del bosco, diffusa originariamente nelle zone alpine europee, in Asia e nelle Americhe.
Spontaneamente fruttifica in primavera (da fine aprile a giugno) ma in montagna le fragoline di bosco crescono in estate (da giugno a settembre).

Apprezzate già molto dagli antichi romani, le varietà di fragole che mangiamo sono ibridi tra piante di provenienza da più parti del mondo iniziati alla fine del Settecento.

Pur essendo gustose e complemento indispensabile di tanti dolci, sono poco caloriche (circa 27 Kcal per 100g) e sono piuttosto ricche in Vitamina C come di altre molecole antiossidanti. Di conseguenza sono un frutto sano da consumare in libertà.

In associazione con la panna (crema Chantilly) e con la crema pasticciera (crema gialla) sono un elemento essenziale della pasticceria italiana.
Tuttavia, nelle ricette casalinghe la loro migliore presentazione è sicuramente in crostata. Ecco la ricetta del gambero rosso.

Ma in pasticceria ogni giorno dell’anno posso trovare dei dolci contenenti fragole (pensiamo al babà, ai cestelli di frutta, ai bignè (choux) ed alle torte con panna).
Eppure il loro periodo è la primavera, peraltro inoltrata.
Come è possibile?

Ebbene per capirlo dobbiamo un attimo lasciare da parte l’immagine del sottobosco con le fragoline spontanee e scoprire da dove vengono le fragole che mangiamo.

Sono italiane o vengono da lontano?
Sono di serra o di coltivazione in campo?

L’articolo seguente che risale oramai a 5 anni fa ci dà una panoramica della produzione mondiale di fragole.
I primi produttori sono Cina, Stati Uniti, Messico e Turchia. Seguono gli Europei, tra essi Spagna al primo posto e poi Italia, Polonia e Regno Unito. In Africa domina l’Egitto.
In Italia sono importanti regioni produttrici Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Basilicata e Campania rappresentano insieme il 50% della produzione italiana.

Ma ci sono due dati interessanti, con due chiari grafici illustrativi:
il primo è che la produzione in serra è stabilmente in crescita mentre quella a pieno campo è fortemente in riduzione. Al 2014 solo il 30% della produzione italiana era in pieno campo. Oggi siamo sotto il 20%.
L’altro dato è il picco di consumo: maggio, con incremento però negli ultimi anni di richiesta in marzo e aprile, e decremento in giugno e luglio (anche abbastanza netto).

Mi piace molto questo articolo che introduce al problema.
Ci parla di un sondaggio di Monitor Ortofrutta in cui si domanda agli Italiani se preferiscono acquistare frutta solo quando è di stagione o averla disponibile tutto l’anno.
La risposta di quasi il 90% del campione è che la acquista solo quando è periodo.
Ottimo. Se ne deduce un’inaspettata competenza e attenzione alla qualità e all’ambiente.
Ma il sondaggio continua e la domanda successiva è: quando è il momento di mele, fragole e melone?
A questo punto la risposta non è del tutto coerente dimostrando che abbiamo incertezze al riguardo.

In Italia le fragole si coltivano bene sia a nord che a sud. Per la verità in maniera complementare: infatti il clima differente consente di avere un gradiente di maturazione, per cui dalla Sicilia al Piemonte esse raggiungono la maturazione in momenti diversi e questo permette di mangiarle in più mesi dell’anno.
Quali?
Da febbraio all’inizio dell’autunno. Le prime a maturare sono dalla Sicilia e le ultime dalle coltivazioni alpine in quota.
La produzione cala in autunno e inizio inverno per poi riprendere anticipando la primavera.

Ma come si ottiene questo?
Circa l’80% della fragolicoltura italiana avviene in un contesto protetto: la coltivazione è in campo ma questo è protetto al suolo da uno strato di plastica nera (polietilene) e soprattutto in superficie da un tunnel rivestito di plastica trasparente, in modo da ottenere un effetto serra.
Tanto se biologiche o meno.
La coltivazione a pieno campo è limitata, avviene in maniera consistente principalmente in Romagna.

In questi video sono spiegate le tecniche colturali in tunnel protetto (il primo) e in pieno campo (il secondo). 

Alle tecniche colturali si aggiunge inoltre la selezione di varietà di fragole più adatte. Col tempo si sono infatti selezionate cultivar più precoci da affiancare ad altre per aumentare il periodo di raccolta. La varietà più precoce, anche se non molto fortunata, in Sicilia può maturare già a dicembre. Oppure esistono fragole rifiorenti che hanno un periodo fruttifero più lungo che si protrae in autunno (coltivazione diffusa in Veneto).

Mangiare quindi fragole “quando è periodo”, cioè in pratica a maggio e a giugno, da coltivazione a pieno campo, comprandole al mercato, diventa possibile praticamente solo al nord per fragole provenienti dall’Emilia Romagna, l’unica regione dove per fattori climatici e di qualità è ancora estesa questa pratica colturale.

Certo, la produzione converge in determinati periodi quando il prodotto è migliore e più abbondante. Se tutti chiedessimo fragole in inverno non sarebbe sufficiente la produzione dell’estremo sud.
L’ideale quindi è preferire oltre ai mesi classici (fine aprile, maggio e giugno) quelli più idonei per la regione in cui ci si trova.
In Campania, ad esempio, si può anticipare a metà marzo e considerare tutto aprile.

il gradiente territoriale di maturazione della fragola è ben esemplificato in questo video:

Le fragole non sono un frutto che si conserva a lungo dopo la raccolta.
Per questo è da preferire il prodotto italiano, e soprattutto il prodotto vicino.

Molto bello l’articolo di quest’autrice nel suo blog.
Grazie alle colture protette, abbiamo fragole buone in più mesi dell’anno.
Ma sono sostenibili?
il problema principale della coltura protetta è il materiale plastico utilizzato, che poi andrà smaltito.
Non, in Italia, il riscaldamento delle serre (che non avviene).
Ma ad incidere sull’ambiente è di più il trasporto: fragole sostenibili sono fragole che viaggiano poco.

Anche altre fonti ci riportano come la coltivazione in ambiente protetto possa avere un impatto ambientale ridotto, soprattutto in relazione al consumo di acqua inferiore:

Quindi via libera alle fragole che vengono da vicino, a prescindere dal tipo di coltivazione. Non solo perché il prodotto è più buono e più ricco di nutrienti, ma anche perché sarà più economico e meno impattante sull’ambiente.

Una volta acquistate, è importante consumarle rapidamente, evitando di tenerle a lungo in frigorifero.
E’ bene sciacquarle rapidamente senza lasciarle a lungo immerse in acqua.
Meglio lasciarle nel loro contenitore o comunque non chiuse in una busta.

Qui elencate alcune tra le più diffuse fragole coltivate (esistono anche fragole bianche e fragole nere):

Ecco come vengono classificate le fragole in vendita.
Notate che vengono raccolte e disposte in un contenitore con cui arriveranno al consumatore finale.
Facciamo attenzione al tipo di imballaggio. Molto spesso è in plastica, assicuriamoci che venga scelta plastica di un polimero facilmente riciclabile (ad esempio, il PET).

Quest’anno (aprile 2020) la pandemia da Covid19 sta generando ripercussioni importanti sul comparto agricolo italiano.
C’è una preferenza maggiore verso le confezioni chiuse, purtroppo con aumentato utilizzo di plastica.
C’è carenza di lavoratori stranieri impegnati nella raccolta.
E c’è difficoltà di vendita per le chiusure di tutte le attività di ristorazione e pasticceria.

Consigli su come coltivare le fragole, sul balcone, nell’orto o in un campo: 

La fragolicoltura incomincia in Italia in Emilia Romagna negli anni 60 del Novecento.
In questa pagina potete trovare approfondimenti sulle colture romagnole. Si tratta di un testo enciclopedico sulla fragolicoltura, estremamente esaustivo. Troverete spunti interessanti anche in altri capitoli, per cui vi rimando al link alla fine del post.

E qui invece un approfondimento sulla coltivazione della fragola in Campania:

Due curiosità:
la coltivazione fuori suolo:

e la coltivazione idroponica delle fragole:

l’enciclopedia della fragola:

Bene, spero abbiate trovato utile e interessante anche questo approfondimento.

Al prossimo.

venerdì 10 aprile 2020

STILLE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA 4. CONTENITORI DI ALIMENTI IN FRIGORIFERO (SECONDA PARTE)

Continuiamo a conoscere i principali imballaggi di alimenti che riponiamo in frigorifero e, in base al materiale di cui sono fatti, a smistarli nel modo corretto nella raccolta differenziata.

E anche a capire se sono materiali che hanno reali possibilità di riciclo, e se esistono migliori alternative per l’ambiente.

Pasqua, pasquetta, non mancheranno i salumi sulla tavola.
Occupiamoci quindi dei loro involucri.
Tradizionalmente, supermercato o salumeria, mortadella prosciutto e altri chiediamo che vengano affettati al momento.
A questo punto, due sono i contenitori: vaschetta in plastica trasparente richiudibile (in genere quando si prendono 2 o più etti) oppure carta del salumiere con foglio di plastica.

Le vaschette in plastica trasparente in realtà sono molto utilizzate anche per gli alimenti che si comprano già cucinati o porzionati e pronti da mangiare al banco gastronomia, o anche per le olive o per le uova.
Possiamo verificare autonomamente, cercando il numero che indica il polimero nel triangolino, di che polimero plastico è fatto quest’imballaggio.
Tuttavia questo non è un dato obbligatorio da fornire, sebbene la maggioranza delle aziende attente lo mettano ben evidente.
In alternativa, possiamo cercare un sito di produttore e vedere gli articoli di vaschette in vendita per scoprire di che materiale esse sono fatte.
Come ad esempio qui:

Nella mia esperienza, in gran parte esse sono in polietilene tereftalato (PET, polimero 1), polipropilene (PP, polimero 5) o in polistirene (PS, polimero 6).

Il polistirene può essere cristallino, e quindi di aspetto trasparente, oppure espanso, e quindi bianco (il classico polistirolo facilmente riconoscibile visivamente e al tatto).
Se il primo può essere la tipica vaschetta per alimenti, il secondo è comunque diffuso: pensiamo alla vaschetta del gelato artigianale, ma anche a quelle bianche di verdure, carne e pesce che vengono già confezionate ed imballate nei punti vendita, coperte da una pellicola trasparente (di questa ne abbiamo parlato nella precedente stilla).

Sono plastiche che vanno smistate nella raccolta differenziata (dopo aver rimosso residui di cibo).
Verranno riciclate?

La volta precedente vi ho trasmesso una guida ben comprensiva relativa alla raccolta differenziata dei contenitori per alimenti. Dava istruzioni semplici per tutti i contenitori (esempio: questo imballaggio in questo materiale si butta qui).
Questa volta vi rimando a due documenti con i quali capire perché alcuni contenitori in plastica verranno riciclati ed altri no.
Sono due approfondimenti del CONAI (Consorzio Nazionale per il Recupero degli Imballaggi)

Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi in materiale plastico:

Liste degli imballaggi in plastica nelle fasce contributive:

Da questi deduciamo chiaramente che, allo stato, il riciclaggio delle vaschette in polistirene è ancora difficile.
Non sono quindi, quando possibile, da preferire.

Non ci deve meravigliare però la sua diffusione: le plastiche hanno caratteristiche diverse e alcune sono più adatte al contatto con gli alimenti di altre. Alcune resistono a temperature elevate, altre non sono idonee per questo scopo (non devono andare per esempio nel microonde). O anche, la capacità di contenere i liquidi, ed il tempo di resistenza, differiscono. Ecco perché un imballaggio viene preferito ad altri anche se più difficilmente riciclabile. 
Dipende molto dal tipo di alimento, dalla sua consistenza, dal tempo di conservazione e dalla temperatura.
Il polistirolo, tra l’altro, ha il vantaggio di essere un ottimo isolante termico.

Il discorso è analogo per le vaschette di affettati già confezionate.
In realtà al supermercato oggi ci andiamo di fretta e le troviamo comode e pronte, pazienza se la fragranza e il sapore sono di qualità inferiore. Specie in questa emergenza Coronavirus, si fa prima a prendere una vaschetta già chiusa con la porzione da 80 o 100g di affettato.

Queste, nelle versioni più economiche sono strettamente aderenti al prodotto, che magari quando si apre richiede di essere arieggiato per qualche minuto per restituire meglio il sapore, mentre invece nelle versioni più raffinate l’affettato ha uno spazio maggiore dove viene alloggiato e all’apertura l’immagine restituita è certamente migliore.
Dove vanno queste vaschette preconfezionate?
Nella raccolta differenziata della plastica.
Analogamente alle precedenti, come possiamo leggere nei siti di produttori, anch’esse possono essere in vari polimeri, più spesso in PET.

Per chi vuole approfondire, un blog dedicato allle vaschette per alimenti:

E sul confezionamento degli affettati:

Esistono vaschette in materiale non plastico?
Si e da molti anni. Quest’articolo ne esalta l’introduzione 10 anni fa in Finlandia in cartone.

E anche in Italia è possibile trovare prodotti (in genere di nicchia e di alta gamma) con imballaggi dal peso ridotto, in più componenti tra cui cartone più facilmente riciclabile.

Torniamo però alla spesa al banco con l’affettato appena tagliato.
Esiste la possibilità che il salumiere riponga il nostro fresco affettato nella famosa carta del salumiere. Essa è fatta di un foglio di carta oleata o cerata e di un foglio sottile di plastica, che può aderire o essere separato dalla carta oleata.
La carta oleata o cerata va nell’indifferenziato. Essa infatti è un poliaccoppiato non divisibile carta e plastica, in genere polietilene (nota anche come carta politenata). Può comunque tornarci utile per un riuso, visto che non è stata a contatto con gli affettati e che è dotata di buone doti di impermeabilità.
La usa anche il macellaio per incartare la carne.
Può anche capitare che sia un semplice foglio cartaceo. Dipende dalle scelte del salumiere. Nel dubbio preferisco non abbassare la qualità della carta da riciclo e la metto nell’indifferenziata.
Il foglio di plastica va a contatto col prosciutto ed è un foglio trasparente per alimenti. Si trova anche nelle confezioni sottovuoto (pensiamo alle monoporzioni di sottilette o a volte al salmone sottovuoto. In genere è costituito di polipropilene, se non è eccessivamente sporco può essere raccolto con la plastica differenziata.

Parlando di vaschette per alimenti probabilmente ci sono sfuggiti alimenti e prodotti che non compro abitualmente, ma non vorrei dimenticarne uno che viene da sempre venduto in vaschetta. E che piace a tutti i bambini: i tortellini.

Oggi ricorro molto meno frequentemente al banco frigo per un pasto facile da cucinare come la vaschetta di tortellini ma rimane un must della mia infanzia ed un prodotto molto diffuso.
Un tempo li ricordo sempre in vaschette di plastica coperte da un film, perfettamente analoghe a quelle degli affettati, ma oggi esistono anche forme diverse di confezioni.
A questa pagina ne vediamo alcune delle principali marche. E’ una prova d’assaggio di alcuni tra i principali prodotti disponibili. 

Il Salvagente accusa i nuovi imballaggi di tortellini Giovanni Rana di essere imbustati in un contenitore non riciclabile.

Come scrivono gli autori dell’articolo, è un poliaccoppiato carta plastica che consente di ridurre del 60% la componente plastica.
Personalmente non condivido. Smistiamo nella plastica tanti contenitori di cui non conosciamo con esattezza il polimero e come abbiamo visto molti di essi non verranno riciclati.
Anzi, sappiamo che solo il 40% dei materiali smistati nella raccolta differenziata della plastica avranno reali possibilità di essere riciclati. Il resto va in inceneritore o in discarica. Come il sacchetto dell’indifferenziato.

Dunque, fare correttamente la raccolta differenziata della plastica, ma soprattutto ridurne l’utilizzo e privilegiare l’uso di materiali a maggiore probabilità di riciclo.
Ma come fare per i prodotti che abbiamo visto in questo mese?

Per le vaschette dei salumi, privilegiamo quelle di cui possiamo conoscere il materiale usato e che sia un polimero plastico a maggiore probabilità di riciclo (ad esempio il PET).
Soprattutto, organizzare gli acquisti in modo da limitare gli imballaggi: facciamo acquisti sfusi, maggiori e meno frequenti. Meglio prendere un salame intero e conservarlo in frigorifero rispetto a 80g imballati 2 volte a settimana. Giova poi anche alla salute un consumo non eccessivo di insaccati.
Per le uova, preferire quelle in imballaggio cartonato.
Gli alimenti porzionati che possono essere comprati sfusi, come la frutta e la verdura: il supermercato ci fa usare sacchetti compostabili utili per la raccolta dell’umido. I fruttivendoli ed i mercati ci fanno usare le nostre sacche riutilizzabili (anche se, in questo tempo di Coronavirus, gioco forza per limitare i contatti e velocizzare le procedure si ricorre più spesso a sacchi usa e getta di plastica). Ma vale anche per il pesce e per la carne.
Si può anche considerare diversamente l’acquisto di monoporzioni di cibi pronti. Così scopriamo di poterne prepararare di più sani, vari e saporiti a casa e di portare a lavoro la schiscetta in un contenitore riutilizzabile.

Quando non possibile, non dimentichiamo che gli imballaggi in polimeri plastici, anche quando difficilmente riciclabili o non riciclabili, come i poliaccoppiati, lo sono per ragioni di igiene e conservazione che comportano alla fine un vantaggio economico per la società ed una riduzione di spreco.

Inoltre dobbiamo guardare all’innovazione. Oggi esistono sempre più aziende che producono imballaggi in materiale compostabile che possono sostituire in molte occasioni quelli che oggi usiamo in materiale plastico. Come quelli prodotti da questa azienda.

Bene. Buone feste pasquali (in casa e da soli).

Alla prossima stilla.

mercoledì 1 aprile 2020

APRILE 2020

frutta: arance (tra cui variente bionda del Gargano), pompelmi, cedri, fragole, fragoline di Ribera, mele, mele annurche, kiwi, pere, avocado (Sicilia e Mediterraneo). 
frutta esotica: banane, ananas.

verdura: asparagi, agretti (barbe di frate), fave, patate novelle, taccole, bietole, spinaci, crescione, erbette, valeriana, cicoria, cipolline, rucola, sedano rapa, carciofi, ravanelli, piselli, fagiolini, carote, cipolle, cipollotti, finocchi, porri.
erbe aromatiche: coriandolo, maggiorana, prezzemolo, rabarbaro, salvia.
funghi: spugnole.

pesce, frutti di mare pescato (Mediterraneo): vongole selvatiche o lupini o arselle, boga, cefalo o muggine, costardella, gallinella o capone, leccia, menola, mormora, occhiata, pagello bastardo e pagello fragolino, palamita, pesce sciabola o bandiera o lama, sarago, sgombro, sugarello, tombarello, tonnetto striato, tonno alletterato, zerro.
pesce di acque dolci Europee di allevamento o pescato:  coregone o lavarello (allevamento), trota salmerino e trota iridea (americana) e trota fario (allevamento), persico (Europa), storione (SOLO allevamento).
pesce, frutti di mare da allevamento: capesante (nord Atlantico), cozze (Mediterraneo), gambero imperiale o mazzancolla (Mediterraneo), ostrica (Mediterraneo e Atlantico), rombo chiodato (Mediterraneo e Atlantico), vongole (Adriatico, Mediterraneo).

pesce, frutti di mare pescato o di allevamento da consumare con moderazione (certificazioni MSC ASC o pesca tradizionale locale: acciuga o alice (piccola pesca costiera o MSC): branzino o spigola (prodotto pescato o allevamento ASC), orata (allevamento ASC), sardina (piccola pesca costiera o MSC), tilapia (allevamento USA o Europa), gambero o gamberetto (Mediterraneo e nord Atlantico), pagro (Mediterraneo), polpo (Mediterraneo e Atlantico), scampi (Mediterraneo e Atlantico), seppie (Mediterraneo e Atlantico), totano (Mediterraneo e Atlantico).