Continuiamo ad occuparci di emissioni di anidride carbonica, importante gas clima alterante di cui dobbiamo conoscere le fonti di emissione e le scelte che possiamo fare per ridurle.
Precedentemente ci siamo occupati della nostra mobilità, quotidiana e occasionale, e dei mezzi di trasporto migliori.
Passiamo ora alla casa, luogo che tutti noi abitiamo.
La buona notizia è che ridurre le emissioni di CO2 significa ridurre i consumi energetici e quindi il costo delle bollette.
Quali sono le fonti dei consumi?
La maggioranza delle case italiane ha un allacciamento al gas naturale (metano) e alla corrente elettrica.
Il primo serve per accendere i fuochi in cucina e per alimentare la caldaia, che ci procura acqua calda e fa funzionare i caloriferi.
L’energia elettrica tiene accesi i nostri elettrodomestici, il condizionatore d’aria, la TV ed il computer, le luci e tanto altro.
Naturalmente, esistono delle varietà: ad esempio, si può rinunciare alla caldaia con uno scaldabagno elettrico e con delle pompe di calore.
Vediamo quali scelte consentono di risparmiare e di ridurre CO2.
Essenzialmente, abbiamo detto che la riduzione dell’emissione di CO2 viene ottenuta dalla riduzione dei consumi.
In che modo e con quali strumenti, elettrodomestici, possiamo ridurre i consumi?
GENERALE SUGLI ELETTRODOMESTICI
Incominciamo dagli elettrodomestici. I più tipici sono: frigorifero, forno elettrico, forno a microonde, lavatrice, lavastoviglie, ferro da stiro, aspirapolvere, il condizionatore d’aria, i ventilatori, le cappe (cucina) e la ventola (bagno) aspirante.
Ma in cucina troviamo tanti piccoli strumenti di aiuto: tostapane, estrattore di succhi, frullatore, mixer, fruste elettriche, macchinetta del caffè ed altri a seconda delle abitudini.
Tutti abbiamo uno o più computer (per l’esattezza, calcolatore elettronico), TV, decoder, riproduttori di musica e radio (giradischi, lettori cd ma soprattutto amplificatori e altoparlanti).
In alcune casi, le bici elettriche.
Poco è il consumo, e quindi trascurabile per il momento, di caricabatterie in funzione di telefonini, iPad e simili, piccole sveglie, rasoi.
Per altri attrezzi il consumo non è trascurabile, come l’asciugacapelli o il trapano, ma lo è il tempo di esercizio.
Inoltre, tante lampadine in casa (a casa mia, di 50-60 mq, ci sono almeno 30 lampadine).
Discuteremo come utilizzare gli elettrodomestici al meglio per il risparmio energetico in prossime sezioni specifiche, ad esempio la cucina (forno, forno a microonde, frigorifero) ed il bagno (lavatrice).
Vediamo ora alcuni aspetti di carattere generale.
Come facciamo a capire il consumo di energia elettrica di un elettrodomestico?
Il consumo è espresso dai Watt di energia assorbita nell’unità di tempo.
Il costo dell’energia infatti è espresso in Kilowattore (KWh), vale a dire i Kilowatt (1 Kilowatt = 1.000 Watt) nell’unità di tempo (1 ora).
Quindi, un elettrodomestico che assorbe 1 KW (cioè 1.000W) in 1 ora avrà consumato 1 KWh.
E, bolletta alla mano, sappiamo quanto ci è costata quell’ora di utilizzo.
Il consumo dell’elettrodomestico è scritto da qualche parte sul retro, inoltre sul libretto di istruzioni (spesso reperibile facilmente in rete).
Soprattutto, per ogni categoria di elettrodomestico (per esempio, per tutti i frigoriferi, per tutte le lavatrici etc) esiste una classe di efficienza energetica.
L’etichetta energetica ci illustra la classe cui il modello di elettrodomestico appartiene (che può variare da A a G, con 3 varianti di A, A+ A++ A+++) ed il consumo medio annuo di energia.
L’assegnazione ad una classe è diretta conseguenza del consumo medio annuo.
Dall’introduzione dell’etichetta energetica, che prevedeva solo le classi dalla G (la peggiore) alla A (la migliore) sono avvenuti progressi tecnologici tali per cui nuovi modelli superavano le aspettative della migliore classe.
Per questo sono state introdotte le nuovi classi A+ A++ A+++.
Dal 2021 avremo un rinnovo classificativo, che ci riporterà alle 7 classi dalla A alla G.
Al momento dell’acquisto di un elettrodomestico dobbiamo leggere con attenzione l’etichetta energetica.
Comprare un elettrodomestico della classe energetica migliore comporta un minore consumo di energia elettrica e quindi minori emissioni di CO2.
Conviene?
Un vecchio adagio napoletano recita che il risparmio non è mai guadagno.
E’ facile che uno strumento più efficiente sia anche più costoso. Probabilmente sarà però anche più solido, efficace e duraturo.
A questa pagina, a titolo esemplificativo, ci viene mostrato il risparmio di energia elettrica di un frigorifero di classe A+++ rispetto ad uno di classe A+.
Tradotto in soldoni, 35€ annui sulla bolletta.
Moltiplicato per la vita media di un frigorifero (fino a 20 anni) sono 700€. Certamente più della differenza di prezzo che abbiamo pagato in più. E quindi, a fronte di una spesa iniziale maggiore, un ammortamento che sul lungo periodo farà risparmiare.
A questa pagina, per varie tipologie di elettrodomestici, vengono riportati i più efficienti disponibili sul mercato.
Età media di un elettrodomestico?
Facile arrivare a 15-20 anni per uno grande, per esempio lavatrice e frigorifero. Meno per uno piccolo, anche se dipende dalla costanza di utilizzo.
UTILIZZO IN STAND-BY ALIMENTATORI COLLEGATI E ALTRE FORME OCCULTE. GLI STRUMENTI SEMPRE ACCESI.
Comunque, potremmo essere portati a pensare che il consumo di un apparecchio elettrico avvenga solo al suo utilizzo: accendo il forno, lo uso per 30 minuti, è vero consuma molto, ma poi lo spengo e lo riaccenderò tra una settimana.
Però, per altri strumenti, questo non è vero. Il computer rimane acceso molte ore al giorno. Anche se non ci stiamo vicino. E’ un’abitudine parzialmente favorita dallo stand-by. Altri rimangono sempre accesi, ma in stand-by: televisori (e come si potrebbe, altrimenti, comandarlo dal divano col telecomando?) che usiamo più spesso, oserei dire quasi ogni giorno, anche se tra noi giovani le abitudini sono cambiate, e il pc per molti di noi lo sostituisce. Ma a volte alcuni aggeggi rimangono in stand-by non utilizzati per tempo lunghissimo. Dispostivi di riproduzione di musica, forni a microonde, lettori cd e dvd. Addirittura, mi sono reso conto di non usare da 1 anno il proiettore in soggiorno ma di averlo sempre tenuto in stand-by.
Si trovano molti commenti in rete su questa problematica. Qui ci ricordano alcuni degli apparecchi tenuti a lungo accesi senza che vi si ponga attenzione: telefoni cordless, riproduttori video e musica (in stand-by), la macchinetta del caffè elettrica tanto di moda negli ultimi anni (e dire che abbiamo già visto come questa tenda a produrre rifiuti difficilmente riciclabili, soprattutto al confronto con la moka in alluminio riciclato e la sua posa interamente compostabile).
Un altro aspetto che può sfuggire è la convenienza dello spegnere un computer quando non è utilizzato invece di lasciarlo acceso. Non si danneggerà, e non creerà un significativo consumo maggiore, nello accenderlo ogni volta che si utilizza per poi spegnerlo, invece di lasciarlo tutto il giorno acceso.
La funzione stand-by consuma molto?
Questione interessante. Pagine web di autorevoli associazioni a diffusione mondiale che hanno a cura la tutela ambientale (WWF, ad esempio) riportano sempre come essa sia una fonte significativa e occulta di consumo e spreco energetico.
Ed in effetti, come testato da queste fonti, il consumo di utenze in stand-by di alcuni strumenti può essere significativo. In particolare diventa paradossale il fatto che alcune utenze vengano utilizzate poche volte all’anno, ma che il restante periodo di tempo in cui rimangono in stand-by (che è enormemente maggiore: poche ore di utilizzo all’anno contro mesi e mesi di accensione in stand-by) finisca per determinarne la metà del consumo annuo.
Sono soprattutto gli strumenti di intrattenimento responsabili di queste fonte di consumo occulto: riproduttori video e musica, dischi rigidi, televisori.
E il caricabatterie attaccato alla presa?
Ho letto a più parti che anche il caricabatterie del telefonino può essere ritenuto responsabile di uno spreco energetico. Sia perché rimane nella presa tutto il giorno dopo la ricarica, sia perché durante la notte il telefonino rimane in carica un tempo ben più lungo del necessario.
Non solo telefonini e iPad, ma anche alimentatori per i pc portatili. Quello per la bicicletta elettrica.
Ma sono consumi davvero significativi questi?
Secondo BUTAC, bufale un tanto al chilo, c’è del vero e del falso.
Per prima cosa, è scorretto fare un discorso di carattere generale. Esistono trasformatori che assorbono molto e altri che assorbono pochissimo.
In generale, gli strumenti più nuovi consumano meno.
Più specificamente, il caricabatterie del telefonino se rimane nella presa consuma veramente pochissimo. E quello del pc? Magari un portatile che non usiamo sempre, e che dimentichiamo comodamente in carica per settimane? Al contrario si.
Diamo i numeri (secondo le fonti citate):
consumo di un caricabatterie del telefonino lasciato nella presa per un anno intero: 0,5 KWh
consumo di un alimentatore di un pc portatile lasciato collegato alla presa per un anno intero: 50 KWh
forno a microonde in stand-by per un anno intero: 2 KWh
consumo di un televisore in stand-by per un anno intero: 70 KWh
I dati provengono da test effettuati su precisi modelli. Gli autori chiariscono come modelli diversi, di età diverse, diano risultati molto differenti.
Per sapere cosa succede in casa nostra, con i nostri strumenti, dovremmo testarli. Come prova questa persona per capire il consumo energetico dei pc:
Ma possiamo comunque fare una stima:
Il consumo energetico di casa mia è di circa 1600 KWh annui.
Ci sono 2 caricabatterie di telefonino sempre in presa. Fanno 1 KWh annuo. Ci sono stati per lungo tempo 2 computer portatili sempre con alimentazione in presa (dopo aver letto questo articolo non succede più). Fanno 100 KWh. C’è un forno a microonde sempre in stand-by. Altri 2 KWh. Ci sono 2 televisori sempre in standby. Ulteriori 140 KWh.
Eliminando l’alimentazione non necessaria dei TV e dei pc ho eliminato circa 200 KWh annui. Che, su un consumo totale di 1600 KWh, sono il 12,5%. Un valore davvero vicino a quello sintetizzato dalle principali associazioni ambientalistiche. E, diciamo la verità, sembrava incredibile.
Inoltre, al costo medio dell’energia elettrica al KWh (10 centesimi), vado a risparmiare 20€ annui. E, soprattutto, 60 kg di emissioni annue di CO2!
Staccare il caricabatterie del telefonino dalla presa quando non è utilizzato, invece, è sostanzialmente inutile.
Peraltro, iPad e telefonini possono essere caricati efficientemente con un piccolo pannello solare portatile:
Ma come attuare le modifiche per tenere tutti gli strumenti elettrici non alimentati?
Ci viene in aiuto una presa multipla a ciabatta, con interruttore
Bisogna collegare tutte le utenze collegate con una funzione ad una unica presa a ciabatta, ed accendere e spegnere il suo interruttore.
Esempi:
La scrivania di lavoro, in ufficio e a casa.
In una postazione tradizionale completa sono presenti uno o più pc, lo schermo, una stampante, gli altoparlanti..
Il grande vantaggio è che si lavora seduti e a contatto con gli strumenti. Al fine uso, non è difficile spegnere l’interruttore centrale.
Ma anche in soggiorno: lettore di musica, amplificatori e altoparlanti, lettore video, decoder, televisori e altri.
Vanno tutti alimentati da una unica presa a ciabatta con interruttore.
Oltretutto, si aggiunge anche sicurezza. Pericolosi sbalzi di tensione durante temporali possono danneggiare gravemente le nostre utenze.
Se tutti gli strumenti di una postazione sono collegati alla stessa ciabatta, basterà staccare dal muro la presa di questa per metterli in totale sicurezza.
Cosa rimane alla fine sempre acceso?
A casa mia:
Il modem del wifi
la radio sveglia elettrica (fa molto anni 80)
il led del forno a microonde
due telefoni cordless
il frigorifero
la caldaia
i caricabatterie di telefonini e iPad
A casa vostra?
Una piccola digressione sul tema della mobilità.
Quanto assorbe la carica di una bicicletta elettrica? Circa 0,4 KWh per ricarica (costo circa 6 centesimi). Con cui io ci faccio 7 km (ma la batteria me ne farebbe fare di più). E quindi, un consumo stimato di 20g CO2 per km. Meno di qualunque altro mezzo di trasporto che non sia mosso unicamente dai miei muscoli.
https://www.cooponline.it/medias/sys_master/h90/h9b/8902624673822/10_Domande_frequenti_maino_web.pdf
LE LAMPADINE
Tutti abbiamo sentito parlare di lampadine a risparmio energetico.
Come detto in anticipo, in casa ci sono decine di lampadine.
Oggi, molti di noi, anche inconsapevolmente, hanno messo lampadine a risparmio energetico.
Uno degli aspetti che le caratterizza è la lunga durata.
Eppure, chi come me è nato negli anni ’80, ricorderà da bambino la frequenza con cui si fulminavano. Addirittura, qualche volta, all’accensione, scoppiavano.
E anche, con un po’ di attenzione in più, il calore che generavano. Guai a svitarla dopo che era stata accesa.
Le lampadine tradizionali, a incandescenza, avevano un filamento di tungsteno per il quale passava energia elettrica, quindi riscaldandosi ma soprattutto illuminando.
Per illuminare bene una stanza, neanche grande, ci voleva una lampadina da 100W. Oggi ne basta una da 10W. Dieci volte meno energia.
Ricordo anche l’isteria della generazione che ci ha messo al mondo, sempre a chiedere di spegnere la luce. Molti di loro oggi ancora chiedono lo stesso ma non si rendono conto di sprecare più energia con tutti gli altri elettrodomestici, di cui non percepiscono il consumo.
Eppure, dalla lampadina a incandescenza, siamo passati per le luci al neon, lente ad accendersi e fredde, di cui ancora molti edifici pubblici oggi sono pieni, e poi siamo arrivati alle tecnologie attuali, il LED.
Facciamo ordine:
Fine Ottocento, invenzione della lampadina a incandescenza di Edison a filamento di carbonio.
Inizio Novecento, evoluzione con filamento di tungsteno.
Anni Sessanta, evoluzione in lampadina alogena: il filamento di tungsteno si trova nel bulbo non nel vuoto ma in un gas inerte. Ne allunga la durata e la resa luminosa.
Intanto, dagli anni Trenta si fanno strada, fino a diffondersi ampiamente negli anni Settanta, le lampadine fluorescenti a basso consumo: i tubi al Neon.
Circa 20 anni fa sono state introdotte sul mercato le lampadine a LED.
Cosa è cambiato?
Vediamo un confronto.
Per potere confrontare le lampadine dobbiamo tenere conto di potenza assorbita (e quindi di consumo), di luminosità ottenuta e del cosiddetto calore della luce. E poi della durata.
Il flusso luminoso si misura in Lumen: esprime la reale luminosità prodotta.
La temperatura del colore si misura in Kelvin: consente di distinguere luci calde (dal vago colorito giallo, la classica luce della lampadina a incandescenza) da quelle fredde (tipico il neon bianco quasi azzurro). Grosso modo un valore intorno a 2700K indica una luce calda riposante, un valore di 4000 o 5000K invece una luce intensa ma fredda.
La potenza si riferisce all’energia elettrica assorbita, in KWh, e la durata si misura in ore di luce accesa.
Per illuminare una stanza ci vuole una emissione di luce pari a circa 1000 lumen.
L’energia assorbita a confronto è la seguente:
lampadine a incandescenza: 120W
lampadine alogene: 100W
lampadine fluorescenti a basso consumo (Neon): 20W
lampadine a LED: 10W
In pratica possiamo dire alle nostre madri che ci invitano a spegnere la luce che passando da una lampadina tradizionale ad una lampadina a LED abbiamo ridotto il consumo del 90%. Come se avessimo spento la luce in altre 9 stanze della casa. E naturalmente abbiamo anche ridotto del 90% i costi.
Che non sono affatto trascurabili. Ipotizzando di tenere accesa una lampadina alogena vecchio stile da 100W ogni giorno per 4 ore, magari 3 o 4 per le stanze di una casa, fanno 1,5 KWh al giorno. Insomma, l’illuminazione complessiva di una casa, senza lampade a risparmio energetico, porta ad un consumo annuo di 300-400 KWh. 30-40€ annui. Con la sostituzione al LED, si scende a 30-40 KWh e 3-4€ all’anno!!!
Quanto costa in più una lampadina a LED?
Il costo è maggiore.
Tuttavia, oltre al risparmio per un consumo inferiore del 90%, abbiamo anche una durata nettamente maggiore (almeno il doppio).
A queste belle guide di scelta tra le varie tipologie di lampadine, leggiamo 4-6000 ore per una alogena, 4-800 ore per una a fluorescenza, 5-10.000 ore per una a LED.
Abbiamo quindi che una lampada alogena dura 5 anni ed una a LED ne dura 10. L’illuminazione alogena della casa dopo 10 anni ci ha fatto spendere 300-400€, quella a LED 30-40€.
Inoltre, abbiamo dovuto cambiare almeno 1 volta lampadina con quella alogena rispetto alla durata di quella a LED.
La differenza di prezzo tra una lampadina a LED ed una alogena?
Una lampadina LED da 1000 lumen costa 4,50€ da IKEA. La vendita di lampade alogene è oggi vietata in UE per ragioni di risparmio energetico. Costava comunque all’incirca la metà una lampadina di pari lumen.
Non c’è alcun dubbio che oggi ad ogni sostituzione di lampadina sia necessario prendere la tecnologia più avanzata e che consenta il maggior risparmio energetico. E, di conseguenza, il maggior risparmio in bolletta.
IL COSTO DELL’ENERGIA. GAS NATURALE ED ENERGIA ELETTRICA. LE EMISSIONI PER PRODURRE L’ENERGIA ELETTRICA. LE ALTERNATIVE.
Ridurre le emissioni di CO2 vuol dire ridurre i consumi e quindi i costi per l’energia.
Ma come conoscere questi costi? E come possiamo conoscere le emissioni di CO2 per la produzione di energia?
Costo dell’energia:
la mia bolletta:
GAS (ENI): la quota è espressa in smc che sta per standard metro cubo. il costo, nel servizio di tutela, è di circa 20 centesimi al smc.
ENERGIA ELETTRICA (EDISON): F1 10 centesimi al KWh (LU-VE 8-19) F2, F3 (LU-VE 19-8; SA DO) 6 centesimi al KWh.
Ma quanti KWh contiene (o meglio, è in grado di produrre) un smc di gas metano? Uno standard metro cubo di gas metano corrisponde a 10,69 kWh.
Quanta CO2 emette produrre energia per un KWh da gas metano? E per l’energia elettrica? Dipende dal nostro fornitore.
Il mix energetico nazionale 2018 riportato dalla mia bolletta:
fonti rinnovabili 40,83%
carbone 12,47%
gas naturale 39,06%
prodotti petroliferi 0,54%
nucleare 4,11%
altre fonti 2,99%
a questa fonte leggiamo quanta CO2 viene emessa per la produzione di 1 KWh di energia elettrica per fonte energetica primaria:
(si intende solo l’emissione in fase produttiva. Non l’installazione degli impianti, il loro funzionamento, i trasporti etc)
a titolo di esempio, il mix italiano per 1 KWh risulta essere:
fonti rinnovabili: 0 g
carbone: 340 g
gas naturale: 200 g
prodotti petroliferi: 260 g
nucleare: 0 g
altre fonti: non rilevabile.
La fonte energetica a emissione di CO2 più elevata è la combustione di legno (390 g CO2 per 1 KWh).
Il camino, immagine fiabesca dell’inverno, ma anche attuale nei piccoli centri italiani di montagna, dove il costo del legno è basso, è il mezzo di riscaldamento con maggiore impatto sull’emissione di CO2 (praticamente il doppio rispetto al gas naturale). Per non parlare della scarsa efficienza del camino rispetto ai caloriferi.
In pratica l’emissione di CO2 per la produzione media di 1 KWh di energia elettrica consumata in Italia nel 2017 è 307g di CO2.
Da questi dati si possono dedurre le nostre impronte di Carbonio relative all’approvigionamento energetico domestico:
moltiplicando i consumi annui di energia elettrica e gas naturale per il valore di emissione medio.
nel mio caso esempio un consumo annuo di 1623 KWh e di 124 smc comportano:
1623x307= 498,261 kg di CO2
124x10,69x200= 265,112 kg di CO2
Per un totale di 763,373 kg da dividere per 2 persone, che fa 381,687 kg. Praticamente 400 kg a persona all’anno per l’intero consumo domestico di un cittadino attento all’ambiente e parsimonioso.
Il discorso si potrebbe aprire con numerosi spunti di riflessione:
Ad esempio, a parità di produzione energetica e per le emissioni di CO2 l’utilizzo del metano può essere preferibile rispetto a quello dell’energia elettrica, almeno se questa non proviene esclusivamente da fonti rinnovabili (come potrebbe essere se optassimo per una fornitura esclusivamente da fonti rinnovabili oppure avessimo una produzione in sede ottenuta da pannelli fotovoltaici).
Non è facile però dedurne delle equivalenze di pratico impiego nella nostra vita quotidiana.
Conta anche conoscere l’efficienza degli strumenti che abbiamo: è più efficiente un fuoco elettrico a induzione o un fuoco tradizionale a gas? Una caldaia a gas o uno scaldabagno elettrico? I termosifoni o le pompe di calore?
Dipende sia dalla fonte, energia elettrica o gas naturale, sia, soprattutto, dall’efficienza dello strumento per ottenere il risultato richiesto.
Se le pompe di calore sono più efficienti dei termosifoni, anche al prezzo di una energia elettrica più costosa e più clima alterante rispetto al metano, possono convenire, se ne utilizzeremo meno per ottenere lo stesso effetto.
Cercheremo di scoprire, nei prossimi approfondimenti, stanza per stanza, cosa allo stato attuale, alla nostra portata (non siamo tecnici della materia), conviene.
TAKE HOME MESSAGES
L’efficientamento energetico della nostra casa è il tema che abbiamo affrontato in questo approfondimento.
Conoscere le fonti energetiche, il loro impatto sulle emissioni di CO2, il loro costo e il nostro uso ci consente di apportare quelle modifiche che ci fanno consumare di meno.
Questo si ottiene da un lato facendo investimenti, comprando quindi elettrodomestici più performanti, lampadine a LED, che nel lungo periodo consumando meno ci faranno rientrare dalla spesa e anzi risparmiare.
Dall’altro, occorre conoscere tutti gli strumenti che assorbono energia elettrica in casa, in ufficio, ed apportare modifiche che ne consentano il vero spegnimento (ciabatta con interruttore e spegnimento generale al termine dell’uso), lasciando in accensione o in stand-by solo quelli strettamente necessari.
Questa operazione, a costo zero, ci farà risparmiare dal 10 al 15% della nostra spesa per l’energia.
Volendo approfondire il tema, il WWF dedica molte pagine al risparmio energetico domestico, sia come consigli per uno stile di vita sia come pratici accorgimenti per ridurre la spesa.